Yorgos Lanthimos è un regista greco che si è fatto strada nel mondo del cinema grazie alla sua profonda sensibilità e audacia nell’affrontare tematiche complesse.
Con uno stile grottesco, distaccato e crudo, il regista pone degli interrogativi allo spettatore, il quale non può far altro che cercare dentro di sé una risposta.
Una risposta che sia convincente, però, perché il cinema di Lanthimos non fa sconti a nessuno, arriva dritto nel cuore di chi guarda, innescando un moto di ricerca interiore.
Potenza espressiva in lingua originale
Il suo film d’esordio è sicuramente Kinetta, qui parlano le immagini piuttosto che i personaggi. Un poliziotto, un fotografo e una cameriera d’albergo simulano tutte le pose che hanno portato alla scena di un delitto, per cercare di risolverlo.
Una sequenza di scene meccaniche dai toni freddi, una messinscena continua che non lascia spazio ai sentimenti dei personaggi.
In questa realtà che grava sulle persone, ma che le pone al centro della narrazione, lasciando incognite la loro intenzionalità.
Un debutto brillante.
Alps è forse la prosecuzione elaborata di Kinetta. Gli argomenti trattati sono diversi ma la struttura narrativa è la stessa e la morte è sempre, in qualche modo, la protagonista.
Più individui si uniscono per uno scopo comune: conoscere e indagare la fine della vita.
Un gruppo composto da un’infermiera, un paramedico, una ginnasta e un allenatore impersonano, sotto compenso, persone appena decedute per aiutare gli amici e i parenti a lenire il dolore della perdita.
Il regista indaga l’elaborazione del lutto come forma di sostituzione della persona amata, attraverso la presenza fisica è forse più facile andare avanti o forse è solo un palliativo patetico?
Le vite dei protagonisti si fondono con quelle dei defunti, di cui diventano surrogati, per trascinarli in una spirale di anonimato e perdizione del proprio io.
La mancanza di un affetto è un tema molto complesso da affrontare, ma Lanthimos lo fa con il suo stile grottesco e spietato che lo contraddistingue. È un regista estremo, o lo ami o lo odi in maniera intensa.
Arriviamo ora a Dogtooth, l’opera più completa, controversa e violenta dell’autore greco.
Una famiglia disfunzionale vive isolata in periferia: i genitori esercitano un potere totalizzante sui propri figli (ormai adulti), costringendoli a non aver nessun contatto con l’esterno, perché ritenuto ostile e pericoloso.
Questa distorsione della realtà si insinua anche nel linguaggio, ad esempio viene insegnato ai tre ragazzi che il mare è una sedia di pelle con i braccioli di legno.
Un abuso di autorità, una coercizione malata, una sopraffazione violenta e abnorme della potestà genitoriale che nel film diventa metafora del potere.
Quel potere borghese, inteso nei termini di Pasolini, che predomina nella società e che esercita sui soggetti un’influenza dominante, imponendo loro un determinato stile di vita, come il capitalismo.
Visionario e allucinato
I film di Lanthimos in lingua inglese sono quelli più surreali, sui quali il regista ha inserito tutto il suo estro creativo e visionario.
The lobster è invece un’allucinazione calcolata, una distopia che fa riflettere sugli stereotipi e sulle contraddizioni della nostra società. Ci troviamo infatti in una realtà altamente distopica, in cui le persone che non hanno relazione stabile vengono invitate a soggiornare presso un albergo dove, secondo le leggi stabilite, devono trovare l’amore in quarantacinque giorni, altrimenti verranno trasformate in un animale di propria scelta.
Il protagonista però decide di ribellarsi e di fuggire in un bosco con un gruppo di altri dissidenti. Sarà proprio questo ambiente a fargli trovare il vero amore, con tutte le difficoltà da affrontare quando si viola la legge.
Il sacrificio del cervo sacro è la pellicola di più difficile comprensione, perché contiene dei sottotesti non diretti. Come enunciato dal titolo la trama si rifà, in maniera libera, al mito classico di Ifigenia. Nella Grecia antica Agamennone, capo dell’esercito acheo, per ingraziarsi le divinità e per avere esiti positivi nella guerra di Troia, decide di immolare la figlia, Ifigenia. Questo sacrificio che si conclude con l’intervento di Artemide, dea della caccia e degli animali selvatici, è raccontato nella tragedia di Euripide.
Lanthimos riprende questo mito e lo rimodula nella contemporaneità, raccontandoci la storia di un brillante chirurgo che, insieme alla moglie e figli, conduce una vita da sogno, fino a quando un adolescente senza padre non si insinua nella loro quotidianità.
È forte la critica alla famiglia borghese che mostra superficialmente uno stato di unione e felicità ma che cela al suo interno un’ipocrisia profonda. Una famiglia che in realtà non comunica e che si disgrega all’incursione dell’altro, del nuovo.
Questo concetto prende ispirazione dal tema analizzato da Pasolini in Teorema o in Visitor Q di Takashi Miike, in cui l’arrivo di un estraneo in una famiglia borghese porta quest’ultima a sgretolarsi e a perdere tutte le finte sicurezze. In Teorema, l’altro impersona il messaggero del sacro, che arriva per distruggere i componenti della famiglia, portandoli alla completa perdizione si sé stessi.
Anche La favorita è un altro capolavoro di Lanthimos, che non ha però una sceneggiatura originale.
Ma è con Nimic che il regista greco si supera, realizzando un corto delicato e delirante, in cui il protagonista perde la propria identità e si protende verso una fantasia surreale. Un viaggio fatto di inquadrature grandangolari che deformano la realtà e la rendono inafferrabile, proprio come quella immaginata dal protagonista.
Un percorso allucinato, scandito da una corsa metropolitana che riflette sul terrore esistenziale di una società pronta a divorarci.
Quale film vedrai?
La poetica di Lanthimos che decostruisce la realtà
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di Veronica Cirigliano
www.2duerighe.com
2022-04-25 22:00:00 ,