Il premier: importante offrire a Kiev lo status di candidato. Vertice a tre con Macron: quasi un’ora di colloqui prima dell’inizio del Consiglio europeo
BRUXELLES — Sul tavolo del vertice a tre , prima dell’inizio del Consiglio, Draghi, Macron e Scholz parlano anche di crisi alimentare. Dello sblocco dei porti ucraini. Delle garanzie di sicurezza per eventuali corridoi marittimi. Del ruolo che può giocare l’Unione europea, nella logistica, ma anche sul terreno militare. Le navi avranno bisogno di scorte, se mai Mosca e Kiev raggiungeranno un accordo, e non potrà essere solo la Turchia a fare da garante.
Quando prende la parola nel giro di tavolo del summit il presidente del Consiglio parla apertamente del ruolo che le Nazioni Unite possono giocare come player di mediazione, del resto è lo stesso concetto sul quale sta insistendo il presidente turco Erdogan nei suoi contatti con Putin e Zelensky. Se però non si dovesse arrivare a un accordo secondo Draghi la responsabilità sarà solo di una parte: «È essenziale che Putin non vinca questa guerra. Sono scettico dell’utilità di queste telefonate, ma ci sono ragioni per farle. E dimostrano che è Putin a non volere la pace. Il rischio di una catastrofe alimentare è reale: e se non ci sarà una soluzione, dovrà essere chiaro che la colpa è di Putin».
In ogni caso sembra che il dossier faccia passi avanti, piccoli ma progressivi: dopo la telefonata di Draghi a Putin sono seguite quelle del presidente francese e del cancelliere tedesco, l’accelerazione di Erdogan, che si dice fiducioso su una ripresa dei negoziati, candidando Istanbul a centro di controllo delle operazioni: è un dettaglio di non poco conto che viene discusso nel corso del vertice. L’equidistanza fra Kiev e Mosca, e l’essere membro della Nato, sono per Draghi come per gli altri leader europei fonte di rassicurazione. E per il nostro premier uno sblocco della crisi avrebbe un altro effetto: «Sarebbe anche un modo per mostrare ai Paesi più poveri, ad esempio in Africa, che siamo dalla loro parte e dobbiamo accelerare, altrimenti c’è il rischio di arrivare tardi».
Draghi sottolinea poi altri concetti nel corso del vertice. In primo luogo che nessun negoziato, nessun piano di pace, nessun tentativo diplomatico per riavvicinare le due parti in guerra potrà essere fatto dalla comunità europea e occidentale senza il consenso di Kiev: «Deve essere l’Ucraina a decidere che pace vuole. Se l’Ucraina non è d’accordo sui termini, la pace non può essere sostenibile». Quindi sulla irreversibilità della direzione che la politica energetica dell’Unione ha preso dallo scoppio della guerra a oggi. Si discute ancora di embargo sul petrolio, si cerca sino a notte fonda un punto di equilibrio definitivo sul sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia, ma «non possiamo immaginare che dopo il conflitto la nostra politica energetica tornerà come prima. Quello che è successo è troppo brutale. Dobbiamo muoverci ora per cambiare i nostri fornitori di energia nel lungo periodo».
Nel corso del Consiglio si collega anche Zelensky, fa un appello all’unità europea e all’urgenza di un altro giro di sanzioni contro Mosca: «Offrire all’Ucraina lo status di Paese candidato — commenta Draghi subito dopo — può essere un gesto simbolico importante, un messaggio di sostegno nel mezzo della guerra».
30 maggio 2022 (modifica il 30 maggio 2022 | 22:41)
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Marco Galluzzo , 2022-05-30 20:36:53 ,