La tempistica la potremo valutare meglio lunedì, quando la maggioranza si riunirà per mettere a punto la risoluzione, che accompagnerà le comunicazioni in Parlamento di Mario Draghi in vista del Consiglio europeo della prossima settimana. Perché che la convivenza tra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio sia giunta al capolinea da giovedì non è più una notizia. Si tratta ora di capire quando avverrà il divorzio.
Le accuse di Di Maio
Il ministro degli Esteri ha lanciato un’accusa pesantissima, rimproverando l’attuale leader pentastellato di «ambiguità» sulla guerra in Ucraina e sui rapporti con gli alleati. Una presa di posizione alla quale – denuncia – gli è stato risposto con «insulti personali» trasformando M5s «in una forza politica dell’odio». Parole che avvicinano all’uscita sempre di più il ministro degli esteri e quanti lo seguiranno. Non pochi probabilmente, visto che oltre alla politica “alta” c’è anche il desiderio di non vedersi troncare la carriera per legge, ossia per il vincolo dei due mandati, su cui a breve gli iscritti voteranno e che ieri ha ricevuto l’avallo di Beppe Grillo.
Il voto sulla trasferta a Bruxelles di Draghi
Di Maio invece è convinto che Conte voglia mettere in crisi il governo per tentare di risalire la china dall’opposizione, o comunque da una non partecipazione all’esecutivo. Il pretesto potrebbe essere l’imminente voto sulla trasferta a Bruxelles di Draghi: «Leggo in queste ore che una parte di M5s vuole inserire nella risoluzione frasi e parole che disallineano l’Italia dalle sue alleanze decisive, la Nato, l’Ue e da quella che è la sua postura internazionale. Noi non siamo un Paese neutrale».
Il no all’invio di altre armi all’Ucraina
Il tema di questo presunto “emendamento” conterrebbe un «no» esplicito all’invio di armi all’Ucraina, che poi è quanto pubblicamente diceva Conte fino a qualche giorno fa, quando ripetutamente chiedeva che il Parlamento potesse «tornare a pronunciarsi» sbarrando la strada ad un ulteriore riarmo dell’Ucraina. Ora però l’ipotesi di un testo separato targato M5s viene smentita. Eppure proprio la pericolosità dell’argomento armi ha suggerito alla maggioranza di accantonarlo rinviando appunto a lunedì la possibile soluzione.
La questione del limite dei due mandati
La ricostruzione di Conte è diversa. Per il presidente M5s a muovere Di Maio è solo – per usare una espressione mai fuori moda – una «questione di poltrone» e cioè il voto imminente («entro fine mese» aveva anticipato) degli iscritti sul limite dei due mandati che di fatto impedirebbe a gran parte dei big M5s, a partire dall’attuale ministro degli Esteri, di poter essere rieletti. A rafforzare l’interpretazione contiana è anche il messaggio via blog di Beppe Grillo.