Alla fine di maggio il Senato ha approvato in prima lettura il ddl concorrenza. Si tratta di una proposta di legge che ha l’obiettivo di rendere il mercato italiano più aperto e concorrenziale e indebolire i monopoli e oligopoli attualmente esistenti, come peraltro richiesto dall’Europa per sbloccare i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Finora l’attenzione mediatica sul disegno di legge si è concentrata solo intorno ad alcune delle questioni toccate dal testo, tra cui quella delle licenze balneari (sulle quali si è solo posticipata la decisione) e l’annosa lotta tra tassisti e Ncc (che invece sembra essere arrivata alle battute finali). Ma tra i temi dimenticati c’è quello dell’interoperabilità dei software, questione fondamentale per un adeguato sviluppo tecnologico a livello europeo.
Oggi nei mercati digitali non esiste una norma che punisca l’abuso di dipendenza economica, introdotta con una legge del 1998 che nell’ambito dei rapporti di subfornitura e dei contratti di franchising tutela il contraente debole. In sostanza, la norma obbliga la parte più forte dell’accordo a non costringere la parte più debole ad uscire dall’accordo solo a fronte di grandi costi economici, ingenti perdite di dati oppure notevoli ripercussioni sugli investimenti effettuati.
L’articolo 33 del ddl approvato dal Senato estende la norma anche ai mercati digitali. Così facendo, sostengono i promotori, si porrebbe un argine all’atteggiamento delle aziende che forniscono servizi di infrastruttura cloud e che obbligano le aziende proprie clienti a rinunciare a tutti i dati in caso di passaggio verso un altro fornitore di cloud.
Per trasformare il ddl in legge serve ancora l’approvazione della Camera dei deputati, che alla luce di un accordo politico tra maggioranza e opposizione potrà intervenire solo su 13 articoli tra cui non compare quello sulla interoperabilità dei software.
“Il cloud gioca un ruolo fondamentale perché abilita la trasformazione, tanto che il suo valore è di 4,4 miliardi di euro ed è in costante crescita – ha spiegato la presidente di Assintel (Associazione nazionale imprese Ict) Paola Generali nel corso di un evento dedicato al tema svoltosi alla Camera dei deputati il 14 giugno. – Se riusciamo a rendere trasparenti le regole del mercato Cloud, sarà più semplice estenderle come buone prassi all’intero ecosistema digitale, valorizzando sia le imprese della domanda, sia le pmi del made in Italy digitale dell’offerta”.
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di Gabriele Cruciata www.wired.it 2022-06-18 05:00:00 ,