La preoccupazione legata alla manovra finanziaria. Al Quirinale temono che, per evitare la stretta di autunno, nelle forze di maggioranza ci sia la tentazione di scartare «utilizzando qualche pretesto»
Il «caso Grillo» è chiuso, il caos nei Cinque Stelle no. Ed è per evitare un effetto domino sulla maggioranza che Mattarella e Draghi sono intervenuti. In modo da tutelare il governo. L’azione del capo dello Stato e le parole del premier sono state funzionali a togliere alibi a Conte ma anche a quanti vorrebbero sfruttare la situazione per smarcarsi anzitempo dagli impegni di governo, in vista di un autunno che sarà economicamente impegnativo e che non a caso sul Colle definiscono «politicamente pericoloso». Perché il nodo è quello.
Le scelte di bilancio — come ammettono a Palazzo Chigi — saranno «le forche caudine» attraverso le quali dovranno passare l’esecutivo e le forze della larga coalizione. Perciò in vista dell’appuntamento autunnale le tensioni saranno destinate ad aumentare. «Il copione è già scritto. Sarà un Vietnam», spiega un autorevole ministro dem: «D’altronde quando si avvicinano le elezioni ogni partito è meno propenso ai compromessi».
Il problema è che anche il premier assumerà lo stesso atteggiamento. Tra gli esponenti del governo c’è già infatti chi prevede che «Draghi e Franco si chiuderanno in una stanza e ne usciranno con la manovra già scritta. Sarà un percorso blindato». L’assalto alla diligenza del Parlamento potrà anche essere evitato con la fiducia. Però i partiti vorranno incidere in Consiglio dei ministri. Ieri Letta ha lanciato un preavviso a Draghi, chiedendo all’esecutivo di «caricare molto l’attenzione sul sociale». Altri leader seguiranno, con sempre maggiore frequenza. E la certezza che il premier non transigerà si ricava dalle confidenze di chi gli sta vicino e immagina la scena: «Se qualcuno pensa che Draghi lascerà Palazzo Chigi con i conti italiani in disordine, deve capire che piuttosto lui consegnerà le chiavi e dirà “fate voi”».
È chiaro allora qual è il motivo del parapiglia estivo, e perché al Quirinale temono che — per evitare la stretta di autunno — nelle forze di maggioranza ci sia la tentazione di scartare «utilizzando qualche pretesto». Per sventare un primo tentativo di sganciamento, l’altra sera Mattarella ha avvisato Conte in modo da avvertire anche gli altri attori della coalizione: se M5S passasse all’appoggio esterno, il Pd si sfilerebbe dal governo e finirebbe la legislatura. Una regola che varrà per tutti, come ha detto pubblicamente il presidente del Consiglio: «Non sono disposto a guidare un esecutivo con un’altra maggioranza». Anche perché un’altra maggioranza non ci sarebbe più: «In quel caso — ha precisato Letta — considereremmo finita la legislatura».
I dem ricordano ancora quanto costò elettoralmente al loro partito il sostegno al gabinetto Monti nella sua fase finale, «e sarebbe una prospettiva inaccettabile immaginare di sobbarcarci un’altra volta questo peso — avvisa un rappresentante democrat al governo — ora che si avvicina la Finanziaria». Insomma, si torna sempre sullo stesso argomento: se la legge di bilancio si preannuncia come un amaro calice, un conto è spartirlo tra tutte le forze della maggioranza, altra cosa è lasciare che un pezzo si sganci e faccia la campagna elettorale dai banchi dell’opposizione. Il riferimento del Pd è alla Lega, che a sua volta nutre cattivi pensieri verso il Pd e continua ad attaccarlo sui provvedimenti «divisivi» dello ius scholae e della cannabis: «Decidano se intendono lavorare per il Paese o se vogliono far cadere Draghi».
Nella maggioranza regna un clima di reciproco sospetto. Persino il ministro Gelmini, certo non vicina alle posizioni di Salvini, ha esortato a evitare «polemiche e bandierine ideologiche» per salvaguardare il governo. Ma nessuno sembra avere al momento la forza di compiere gesti di rottura. Specie dopo l’intervento di Mattarella. La pressione del capo dello Stato sul leader del Movimento ha avuto effetto, solo che a sua volta tra i grillini è forte la pressione per rompere con Draghi. E Conte appare in seria difficoltà a gestire queste spinte contrapposte, che rischiano di produrre un’ulteriore scissione: «Ma Draghi non cambia approccio», si è lamentato con un ministro democrat. «Non si può dire che abbia le doti di un politico», gli è stato risposto.
E se il problema fosse un altro? In conferenza stampa il premier ha riconosciuto la centralità di M5S nel governo, ma non ha fatto sconti sulla linea d’azione del suo gabinetto. A partire dal tema della guerra e dell’invio di armi a Kiev: «È scritto nero su bianco nel documento del G7 e della Nato che noi sosterremo l’Ucraina per tutto il tempo necessario», ha detto il premier, indicando anche il «sostegno militare». E persino sul nodo dell’emergenza energetica ha anticipato che riunirà i ministri per discutere la possibilità di estrarre gas dalle riserve italiane, così da ridurre la spesa con fornitori stranieri. Le divergenze sono dunque di natura politica e Conte non può pensare di risolverle denunciando ingerenze nella vita di M5S.
30 giugno 2022 (modifica il 30 giugno 2022 | 23:53)
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Francesco Verderami , 2022-06-30 22:08:03 ,