Quando l’urbanista svizzera Lydia Bonanomi scrisse il saggio Le temps des rues e il manuale Zona 30, gente contenta non immaginava che il suo progetto sarebbe diventato un punto di riferimento dell’urbanismo moderno. La sua idea era quella di moderare il traffico nei centri urbani riducendo la velocità delle auto a 30 chilometri orari. Il cambio dello stile di guida ha mostrato benefici effetti sia sull’ambiente sia sul traffico: consente di aumentare la sicurezza, ridurre il rumore, l’inquinamento e recuperare la qualità della strada come spazio pubblico.
Sono passati 20 anni da allora e la battaglia professionale di Bonanomi continua in varie città europee. In Italia, l’architetto Matteo Dondè è uno dei suoi discepoli: “La contattai per la mia tesi. Mi invitò a abitazione sua e mi lasciò dieci libri senza chiedermi nulla in cambio, dicendomi di riportarglieli quando avevo finito”. Ispirandosi alle idee di Bonanomi, Dondè è stato tra i primi in Italia a sviluppare il progetto di Zone 30. Le sue ultime sperimentazioni del cosiddetto “urbanismo tattico” (la prima già nel 2013 a Terni) hanno avuto luogo a Milano.
Il parcheggio in gran parte illegale di piazza San Luigi, a Corvetto, è diventato oggi una piazza interamente pedonale, grazie anche al contributo di Fiab e Genitori Antismog. Il progetto TrentaMì e Mobi ha trasformato via Rovereto e l’ingresso del Parco Trotter. Dondè ha coinvolto i cittadini mostrando loro i vantaggi del piano. Per dieci mesi, attraverso interventi di urbanistica a basso costo, che hanno visto la partecipazione attiva dei residenti del quartiere, sono stati creati spazi verdi e aree di socialità. Tutte le sperimentazioni si sono convertite in raccolta firme e poi in progetti definitivi.
L’Agenzia della Sanità pubblica di Barcellona ha stimato che se tali progetti venissero estesi a tutta la città, si potrebbero prevenire quasi 700 decessi premature all’anno per inquinamento, aumenterebbe l’aspettativa di vita di quasi 200 giorni in media a persona. Inoltre, per la città significherebbe un risparmio economico annuo di 1,7 miliardi di euro. I benefici sulla salute più notevoli derivano dalla riduzione dei livelli di inquinamento atmosferico, del rumore da traffico e dalla mitigazione delle isole di calore dovute alla totale impermeabilità dell’asfalto.
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Oggi, in Italia, i dati ci dicono che il 40% dei tragitti in automobile nelle nostre città è inferiore a 4 chilometri. Si registrano 3.500 decessi e più di 200 mila feriti all’anno e le spese dell’incidentalità rappresentano l’1% del Pil. L’autonomia dei bambini nell’andare a scuola da soli è sotto il 7% mentre in Paesi come Germania e Inghilterra è al 40%.
L’Olanda e la Spagna hanno recentemente approvato una legge che prevede i 30 km/h su tutte le strade urbane. “Uno dei vantaggi della limitazione di velocità, oltre a quello fondamentale della riduzione dell’incidentalità, è che consente di ridurre lo spazio dedicato all’automobile a favore di usi più ricchi della strada, che è il luogo pubblico di vita e socialità per eccellenza delle nostre città. Vuol dire una distribuzione più equa dello spazio pubblico, quella che Gil Peñalosa chiama ‘democrazia dello spazio pubblico’. Vuol dire avere marciapiedi più ampi, filari di alberi e nuove aree verdi, depavimentare per rendere più permeabile il suolo delle nostre città, creare spazi per il gioco dei bambini. Significa anche aumentare il numero di sedute e tavolini pubblici, come ad esempio a Portland, dove tutti si possono sedere gratuitamente creando nuovi luoghi di socialità”, spiega Dondè.
Secondo l’architetto “il progetto è fattibile in tutta Italia, ciò che frena è una paura politica del consenso. C’è molta ignoranza sul tema. Bisogna lavorare sulla comunicazione, come dimostra il successo degli interventi di urbanismo tattico”. Per fare un confronto, Monaco investe 10 milioni di euro sulla ciclabilità in un anno, un quarto di questa somma viene spesa in comunicazione. Eppure è per noi già una città eccellente, con solo il 27% della gente che usa l’auto.
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Ripensare alla strada, rimettendo al centro le persone e la loro salute dovrebbe essere lo slogan di ogni amministrazione comunale. “La strada, nel 2022, non può essere considerata ancora solo un asse di scorrimento del traffico veicolare, come negli anni del boom dell’automobile”. Nuove strade generano nuovo traffico, come i manuali ci insegnano da trent’anni. “Oggi non dovremmo parlare di nuove infrastrutture, ma di Città 30 che ci consentano di vivere la strada in sicurezza. Ma i sindaci sensibili a questo tema sono troppo pochi”, aggiunge preoccupato.
L’unica Città 30 in Italia è Olbia, governata dal centro-destra. Questo dato dovrebbe smontare la maggior parte delle polemiche italiane che nascono pensando che, come cantava Gaber, “la bicicletta è di sinistra e l’auto di destra”. Come sostiene Dondè: “È un tema di civiltà che in Europa affronta qualsiasi colore politico”.
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[email protected] (Redazione di Green and Blue) , 2022-07-11 06:45:41 ,
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Il post dal titolo: Perché in Italia c’è solo una città a 30 km/h scitto da [email protected] (Redazione di Green and Blue) il 2022-07-11 06:45:41 , è apparso sul quotidiano online Repubblica.it > Green and blue