Quando alle nove di sera Mario Draghi lascia Palazzo Chigi nessuno sa come davvero oggi andrà a finire. L’ottimismo con cui si era aperta la giornata nel corso delle ore si è parecchio affievolito. Il premier ha confermato che stamane, dopo il suo intervento ascolterà il dibattito prima di trarre le sue conclusioni e attendere la fiducia delle Camere. Una disponibilità non scontata fino al giorno prima, frutto certamente dei numerosi inviti rivolti all’ex banchiere centrale a non abbandonare la guida del Governo italiano. Quello che ancora a ieri sera mancava è però la ri sposta dei partiti. Ed è proprio questo l’aspetto più inquietante di cui, è probabile, Draghi ha parlato ieri mattina con il Capo dello Stato in quello che dal Colle è stato definito un incontro interlocutorio e nel quale il presidente del Consiglio ha anticipato le condizioni che oggi esporrà nell’Aula di Palazzo Madama per portare avanti il Governo e la legislatura.
Nessuno però – tranne Enrico Letta, che assicura il sostegno del Pd – vuole scoprire le carte. Con il segretario dem il premier si è incontrato in mattinata. Un faccia a faccia scoperto casualmente che ha mandato su tutte le furie Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, i quali dopo aver espresso il loro sconcerto, assieme al centrista Maurizio Lupi e a Lorenzo Cesa dell’Udc, hanno tenuto un vertice pressoché permanente presso Villa Grande, la residenza romana del Cavaliere dalla quale uscivano nel frattempo indiscrezioni tutt’altro che confortanti ai fini della soluzione della crisi. Alla fine la telefonata di Berlusconi direttamente a Draghi e il successivo incontro serale a Palazzo Chigi con Antonio Tajani lo stesso Salvini e gli altri leader centristi del centrodestra ha dato modo di ammorbidire i toni e soprattutto di rilanciare al presidente del Consiglio le proprie condizioni. Il leader della Lega è tornato alla carica sull’impossibilità di convivenza con M5s ma anche sulla necessità che il Pd torni indietro su quelle che Tajani ha definito «proposte divisive» come quella sulla cannabis. Non è stata invece avanzata una richiesta rimpasto (il capogruppo del Carroccio Molinari aveva puntato l’indice su Speranza e Lamorgese) ma è stata rilanciata la questione immigrazione. Draghi ha ascoltato ma la risposta andrà cercata nell’intervento che terrà questa mattina.
Resta ancora aperta l’incognita M5s. C’è chi non esclude che alla fine Conte potrebbe decidere di votarla per passare il cerino nelle mani del centrodestra. Non è dato sapere se ci sono stati contatti tra il leader pentastellato e il suo successore a Palazzo Chigi. Luigi Di Maio però non ha dubbi: «Diciamo la verità, il partito di Conte ha già deciso di non votare la fiducia al governo Draghi. Conte sta scommettendo sul voto anticipato, ma sarebbe un ulteriore crollo nei sondaggi», ha detto convinto il ministro degli Esteri.
L’ipotesi del voto anticipato continua comunque a restare sul tavolo. Berlusconi lo avrebbe confermato anche a Giorgia Meloni in una telefonata. Ci punta anche Salvini nonostante le riserve dei governatori del Carroccio e dei ministri. Il segretario della Lega è convinto che solo in questo modo può arrestare l’emorragia di consensi verso il partito della Meloni. L’unico che invece non ha dubbi è Matteo Renzi: «Il solo problema rimasto è se Conte esce dalla maggioranza domani, tanto ormai tutti sappiamo che Draghi rimarrà, meno male».