«Se pensassi che la partita fosse già persa andrei da solo, sicuramente prenderei più voti. Ma non penso affatto che la partita sia chiusa: ce la possiamo giocare, e fermare questa destra antieuropea resta l’obiettivo principale». Alla fine Carlo Calenda scioglie la riserva. In coalizione con il Pd, anche se in questo modo la lista liberal-democratica di Azione e Più Europa perde qualche punto. Almeno stando ai sondaggi che l’ex ministro dello Sviluppo ha fatto commissionare in queste ore (7-8% in coalizione, oltre il 10% nella corsa solitaria).
L’ingresso di Gelmini e Carfagna
Ma la campagna elettorale deve iniziare e non è ancora chiaro il richiamo che personalità come le ex ministre forziste Mara Carfagna e Maria Stella Gelmini – che proprio venerdì hanno ufficializzato il loro ingresso in Azione con una conferenza stampa assieme a Calenda – potranno avere su quell’elettorato moderato di centrodestra deluso dalla svolta antidraghiana del vecchio leader azzurro. «Ho scelto Azione perché è l’unica proposta politica in grado di salvare l’Italia da estremismi e irresponsabilità. Una proposta europeista, liberale, garantista, capace di prendere impegni seri e rispettarli fini in fondo. Sempre a testa alta. Azione non si sogna di tramare con Russia e Cina…», è il riconoscimento a Calenda di Carfagna. La quale, alla domanda sulla coalizione, fa intendere che la strada verso il Pd è già segnata: «Oggi tutti vorrebbero andare da soli, anche Giorgia Meloni, ma questa legge elettorale ci impone la camicia di forza».
Decisiva la rottura Pd-M5S
Per Calenda e le sue nuove compagne di strada la camicia di forza è una coalizione in cui, salvo sorprese dell’ultima ora, compare anche il leader di Sinistra italiana Nicola Fratoianni, che non ha mai votato la fiducia al governo Draghi. «Ma bisogna dare atto al Pd che la frattura con i 5 Stelle è reale», ammette Calenda, che proprio nella rottura dell’asse con Giuseppe Conte aveva indicato la sua irrinunciabile condizione politica. Il segretario dem Enrico Letta e il leader di Azione hanno già definito lo schema, anche se dal Nazareno si attende lo sciogliemento ufficiale della riserva calendiana la prossima settimana («wait and see»).
Campagna elettorale a due punte
Sarà una campagna a due punte: da una parte il polo liberal-democratico e Azione e Più Europa, dall’altra il Pd a coprire il fronte socialdemocratico-laburista più tradizionale. D’altra parte nel Parlamento europeo il Pd siede nel gruppo socialista, mentre Azione con i renziani di Italia viva nel gruppo Renew Europe che fa riferimento al presidente francese Emmanuel Macron. Campagne separate, ognuno con il suo programma e nessun evento in comune, è stata la richiesta di Letta ben accolta da Calenda. Un modo, per il segretario dem, per evidenziare che l’accordo non prevede una vera e propria coalizione ma solo un’alleanza elettorale. Sperando che basti a placare la sinistra di Fratoianni e anche la sinistra interna sulla presenza degli ex forzisti. C’è un ultimo nodo da sciogliere, ossia Matteo Renzi e la sua Italia viva: l’ex premier continua a dire che è pronto ad andare da solo ma aspetta un segnale dalla sua sinistra. E né Letta né tantomeno Calenda, una volta scelta l’alleanza, hanno interesse a lasciare l’ex premier fuori a menar fendenti contro “l’accozzaglia”. Insomma anche Renzi entrerà nel perimetro dell’alleanza, ancora non è chiaro se nelle liste di Azione e Più Europa o con la sua lista autonoma.
Toti torna a bussare al centrodestra
La scelta di Calenda, ormai solo da formalizzare anche se lui mantiene ufficialmente la suspence («decideremo con Carfagna e Gelmini nei prossimi giorni»), provoca una reazione anche nell’altro campo. Il governatore della Liguria Giovanni Toti ha presentato assieme a Gaetano Quagliariello e al capogruppo alla Camera Marco Marin l’agenda in 12 punti di Italia al centro. Toti non ha nascosto di guardare con interesse a Calenda-Bonino, ma attende di capire «come si collocheranno nell’offerta politica generale». Insomma, in coalizione con il Pd è troppo. E allora gli ex forzisti che hanno coltivato il sogno del grande centro nei giorni turbolenti dell’elezione del Capo dello Stato sono tornati a bussare alle porte del centrodestra. Se Fratelli d’Italia spinge per una loro inclusione, maggiori resistenze ci sono proprio in Forza Italia oltre che tra i leghisti. Nelle prossime ore il verdetto.