Nel 1980, i ricercatori Luis e Walter Álvarez – padre fisico e figlio geologo – pubblicarono un articolo scientifico in cui ipotizzavano che l’estinzione della maggior parte dei dinosauri, avvenuta 66 milioni di anni fa era stata innescata dall’impatto di un asteroide. La genesi di quella che passò alla storia come Ipotesi di Álvarez avvenne in Italia, nella Gola del Bottaccione, presso Gubbio, dove i due ricercatori organizzarono una spedizione per studiare un piccolo strato di scuro innestato tra le rocce. Proprio lì, in questo innocuo strato di roccia, si nasconde la storia di uno dei più grandi cataclismi che il nostro pianeta abbia attraversato nella storia geologica.
Il limite tra due ere
Ciò che sta più in basso è più antico, ciò che sta più in alto è più recente: è uno dei principi base della geologia, il cosiddetto principio di sovrapposizione. Nel corso delle ere geologiche, in effetti, le rocce si sedimentano a formare strati in eventi successivi, come quelli vulcanici o attraverso la deposizione di materiale proveniente dal vento e dall’acqua. In questi strati resta immortalata la storia geologica del nostro pianeta, con tanto di fossili degli esseri viventi che lo hanno popolato e le tracce dei cataclismi che hanno portato alla loro morte. Quel sottile strato di roccia scura studiato dagli Álvarez corrispondeva proprio a uno di questi cataclismi. Negli strati sottostanti più antichi, quelli del Cretaceo, c’erano molti fossili che negli strati soprastanti, quelli del Paleogene, non c’erano più. In effetti quella linea scura – che segna il cosiddetto limite K-T – appare in corrispondenza di un’enorme estinzione di massa, in cui sparirono oltre il 75% delle specie sulla Terra tra cui la maggior parte di quelle dei dinosauri.
L’asteroide si nasconde nei dettagli
Studiando il limite K-T, gli Álvarez scoprirono che questo sottile strato di roccia era molto ricco in iridio, un elemento chimico che è molto presente nei nuclei dei pianeti, ma che è molto raro trovare sulla superficie terrestre. In effetti l’iridio è un elemento pesante che nel momento in cui un pianeta si forma, finisce verso l’interno, verso il nucleo, mentre i composti meno densi salgono negli strati più esterni (una magia che i planetologi chiamano differenziazione). Se ne trova, in piccole parti, a causa della deposizione della polvere cosmica, quella polvere che vaga un po’ ovunque nello spazio interplanetario e che di continuo finisce sulla superficie terrestre – sì, anche in quella polvere che sì accumula lì, sul comodino. Tuttavia gli Álvarez misurarono una quantità di iridio estremamente elevata nel limite K-T: da 20 a 160 volte più elevata rispetto a quella che si avrebbe con la sola polvere cosmica. E considerando che lo strato di argilla è molto sottile, e quindi si è depositato in breve tempo, la possibilità sembra essere una sola: quell’iridio è stato portato da un impatto planetario. C’era la pistola fumante, restava solo da trovare il foro del proiettile.
Leggi tutto su www.wired.it
di Luca Nardi www.wired.it 2022-08-07 05:00:00 ,