L’ars oratoria è da sempre uno strumento della comunicazione politica. E, in tempi, di campagna elettorale, slogan, espressioni e modalità di rivolgersi all’elettorato caratterizzano il linguaggio di ogni candidato. True-News.it ha chiesto un’analisi di questa prima parte di campagna a Flavia Turpi, amministratore unico di “Per la Retorica”, primo sito italiano dedicato alla retorica, che Svolge attività divulgativa e offre corsi e momenti di approfondimento.
Partiamo da Giorgia Meloni, la vera protagonista di questa campagna elettorale, accreditata, secondo molti sondaggi, a trionfare alle prossime elezioni.
La cosa che mi colpisce di più di Giorgia Meloni è il video che ha pubblicato in tre lingue. Un video in cui lei parla, in modo molto spigliato, inglese, francese e spagnolo. Qual è l’operazione che sta facendo? Dal mio punto di vista, dal punto di vista di chi studia la retorica, sta cercando di invertire, di trovare un antidoto al topos che vuole la destra composta da trogloditi beceri.
Che cos’è il topos?
Il topos è quell’elemento ricorrente nella letteratura che è un argomento di sicuro successo. E lei cerca di ribaltare questo topos facendo vedere appunto che sa parlare tre lingue, che sa parlare in modo moderato, che può essere pacata e si mostra filo europeista. E non più sovranista. Un cambiamento di rotta. L’altro aspetto che noto di Giorgia Meloni è questo argomento della coerenza. Effettivamente quando parli con le persone in giro per la strada, ti dicono io penso di votare Giorgia Meloni e di apprezzarla per la sua coerenza, perché è stata sempre coerente.
Giorgia Meloni Questo argomento della coerenza l’ha cavalcato e lo cavalca. E questo è un argomento che piace molto perché le persone pensano che la coerenza sia di per sé un valore, anche se noi sappiamo che, per esempio, anche Jack lo Squartatore, immaginiamo fosse stato molto coerente come tutti gli assassini seriali. Perciò la coerenza non è detto che sia per forza positiva. Altro aspetto di Giorgia Meloni interessante è l’iperbole, cioè l’esasperazione dell’esagerazione, tipica poi delle campagne elettorali e di tutte le nostre comunicazioni.
Noi usiamo un’iperbole, per esempio, quando diciamo “sono 3 ore che ti aspetto”. E la Meloni usa proprio l’iperbole, dicendo che le politiche di immigrazione della sinistra hanno gettato nel caos la nazione. E altri appunti che mi sono presa sulla e sulla Meloni.
Un altro aspetto interessante è l’argomento fantoccio. Che usiamo quando confutiamo un argomento che propone un nostro avversario dandone una visione distorta. Per esempio, Letta critica la proposta di Giorgia Meloni di chiedere agli stranieri, che vogliono aprire dei negozi in Italia, di chiedere la fidejussione e dice “Questa cosa non si può fare”.
E Meloni usa un argomento fantoccio per controbattere e dice: “Non vanno disturbate le attività fraudolente apri-chiudi intestate agli extracomunitari”. Quindi attribuisce delle parole a Letta che sono parole che non ha detto. Ma semplicemente le estremizza.
Un altro personaggio che è spiccato nelle ultime settimane è Carlo Calenda, definito “bullo” o – citando Dagospia – “il Churchill dei Parioli”.
La prima cosa che mi viene in mente su Calenda è “una reductio ad buonsenso”.
Non è latino, è latinorum, è una mia invenzione. Però spesso con le fallacie viene usato il latinorum, un latino maccheronico, proprio perché si fa il verso alle fallacie classiche. Quindi la chiamerei la reductio ad buonsenso; una mia invenzione, che non fa parte della retorica classica. Perché questo? Perché tutto quello che dice, lo paragona ad un buon senso, lo definisce “una scelta di buon senso”. Un’espressione che usa molto spesso. La domanda che noi ci dobbiamo porre è se quello è il buon senso o se è il suo senso.
Cioè una sua idea di qualcosa che è giusto o se è universalmente giusto. Noi sappiamo benissimo poi che nella politica ci sono punti di vista, è molto difficile trovare delle verità assolute. Non è la logica matematica dove c’è il vero e il falso e ci sono osservazioni ed enunciazioni delle quali noi possiamo dire se sono vere o sono false. Ci sono dei punti di vista. Questa strategia di Calenda, molto comune, cerca di far vivere come delle verità assolute i suoi punti di vista. Vuoi il gas? Bisogna fare i rigassificatori, vuoi gestire l’immondizia, devi fare i termovalorizzatori. Questo è buon senso. E la “sua reductio al buon senso”. E poi crea anche una definizione retorica: avviene quando dò una definizione che non è da vocabolario, cioè se io vado sul vocabolario cerco la parola “cane”, trovo la definizione ufficiale di cane. Ma io posso darne una definizione che lo definisce “quell’essere animato che ogni volta che apre una porta mi fa le feste, mi rende estremamente felice”. E questa è una definizione retorica. L’altro aspetto di Calenda, che possiamo notare, riguarda questa sua doppia personalità. A volte è assolutamente affabile e amabile: a volte è molto rilassato, altre, invece, diventa estremamente aggressivo. Come quando nei confronti di Enrico Letta, dopo che l’alleanza non ha funzionato, ha usato quella che si può chiamare lo stratagemma numero 38 di Arthur Schopenhauer nel suo libretto postumo “L’arte di ottenere ragione”. Diventa ingiurioso per poi trasformarsi, in altri contesti, nel bravo scolaretto, il compagno di classe simpatico, quello con cui andresti a mangiare una pizza insieme o andresti a abitazione sua dopo la scuola. Questa doppia personalità mi mi stupisce molto di lui.
Come si caratterizza la retorica di Silvio Berlusconi?
Berlusconi è ancora molto legato alla comunicazione televisiva, che è stata poi la sua forza, tanto che suo profilo Instagram, per esempio, riprende tantissimo i servizi che vengono fatti dalle tv. Quindi riposta questi servizi giornalistici. Poi, però, ha anche inaugurato questo video che registra che sono quelli della pillola: una pillola al giorno leva il medico di torno, una pillola al giorno, nel nostro programma, leverà di torno i signori della sinistra. E poi, in ogni video, racconta qualcosa della sua campagna elettorale. Allora qual è la strategia che c’è dietro questa? Questo espediente della retorica si chiama “argumentum ad populum” ed è una fallacia logica che induce a pensare che qualcosa è vero non perché è vero, ma perché lo sostengono in tanti; oppure perché è confermato dalla saggezza popolare o dal proverbio. Quando poi noi sappiamo che i proverbi vanno bene in ogni occasione, ci sono proverbi per un argomento, ma anche per il suo opposto. I proverbi dicono tutto e il contrario di tutto. Di fatto funziona perché ha la forza questa espressione della parodia. La parodia è un altro espediente della retorica: cioè prendo un detto che sta nella testa delle persone e lo trasformo un po in modo che rimanga proprio nella testa della gente. L’altra cosa che dobbiamo dire è che il set dal quale Berlusconi parla anche attraverso i social network è il set che ci ricorda la sua discesa in campo nel 1994. Quindi questa scrivania e le foto con le cornici. Addirittura, di recente, ha pubblicato un video con l’inquadratura in favore di camera. Un modello di Berlusconi prettamente televisivo.
E per quanto riguarda Matteo Salvini?
Una sua caratteristica è quella dell’ignoratio elenchi, che è una fallacia anche detta fallacia dell’arringa rossa. Gli inglesi la chiamano “red herring”, una fallacia che serve per sviare l’attenzione degli interlocutori su un altro tema che ci fa più comodo, sul quale noi pensiamo di avere un sicuro successo. Viene anche chiamata il benaltrismo. Per esempio, Salvini dice che i problemi degli italiani non sono i tweet di Letta o di un russo ma le bollette del gas e il carrello della spesa. Lo stesso accade quando pubblica immagini su Instagram, in particolare sui suoi social, che sono immagini che sviano l’attenzione e sui quali lui sa di avere un sicuro consenso perché sono immagini su cui nessuno di noi può essere contrario. Ti faccio un esempio: a Ferragosto ha pubblicato una foto di due anziani di spalle che camminavano, tra l’altro con vestiti invernali, quindi probabilmente era una foto anche vecchia, non sicuramente di questa stagione, e invita le persone a dare appunto un sorriso agli anziani. Nessuno può essere contrario. Chi è che può dire no? Serve per avere consenso facile e sviare gli italiani da altri problemi. Altra strategia di Salvini è il valore dell’autenticità. Cioè io mi propongo come personaggio autentico e non costruito, perché penso che così le persone mi apprezzeranno di più. Le persone apprezzano, soprattutto nei meccanismi del populismo, le persone, i personaggi che ritengono siano autentici, quelli pane al pane, vino al vino. E, infatti, lui all’inizio della sua campagna elettorale dice “Mi mangio la salsiccia e sudo. E invece non ho mai visto Letta sudato” E questo è un meccanismo, appunto, che si chiama autenticismo.
Concludiamo con Enrico Letta.
Cominciamo subito dagli “occhi di tigre” che è questa espressione che ha utilizzato Enrico Letta. E poi l’hanno anche molto presa in giro sui social perché ricorda Rocky, Adriana che correva invocando il nome della compagna della moglie nel sonno. “Occhi di tigre” non è un’espressione vicina allo stile di comunicazione di Enrico Letta, lontana dal suo stile pacato, dal suo stile di ragionatore un po’ distaccato. Quindi è come se lui con questa espressione avesse voluto recuperare un’energia, una aggressività, una forza che non gli appartiene. Lui ha altre caratteristiche che possono anche funzionare in una campagna elettorale, ma non hanno effetto se cerchi di appiccicarti addosso un’identità che non è la tua. Quindi occhi di tigre, che è una metafora, non funziona. Le figure retoriche devono essere vicine al nostro ethos, cioè a quello che noi siamo come oratori, ora. Lo sottolineava anche in un articolo su Repubblica, Francesco Piccolo che racconta di cene estiive in cui i suoi amici definiscono Enrico Letta molto freddo, non brillante. Ecco, questo, dicono, non è brillante e non è brillante perché è un ragionatore. Perché? E perché non è un maestro dell’eristica, quell’arte che ti spinge a ottenere ragione a tutti i costi, quindi a chiudere la discussione in modo brillante, indipendentemente dalla verità o dalla falsità di quello che sta sostenendo lui. Su questo non è un maestro, anche se poi l’abbiamo visto in un confronto televisivo dalla tv francese nel marzo scorso con Marine Le Pen, lì, però, è stato molto bravo a mettere in difficoltà Marine Le Pen. Questa cifra stilistica lui ce l’ha un po, però deve portare sempre il tema sulla sua cifra stilistica, che è quella del ragionatore sofisticato. E a volte questo, nei social network e nella tv, è molto difficile da far da comunicare e da far passare. È molto più facile, invece, avere la battuta rapida e veloce, appunto quella dell’eristica. Potrebbe aiutarlo l’actio, quella parte della retorica che cura il linguaggio del corpo dell’oratore. Ecco, il linguaggio del corpo di Enrico Letta ci porta a giudicarlo freddo, gesticola poco, muove poco le mani, sorride poco. Questo è un peccato, perché lui quando sorride, invece mostra queste fossette sulle guance che sono anche molto piacevoli. Quindi potrebbe riscaldare un po’ la sua comunicazione così da ragionatore, che però lo porta ad essere giudicata poco brillante e, a volte, anche fredda, con il linguaggio del corpo, con degli espedienti”.
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Luigi Lupo , 2022-08-22 14:51:56 ,