Come intendono affrontare i partiti il futuro delle telecomunicazioni? Solo Partito democratico, Lega, +Europa il ticket Azione-Italia viva propongono delle ricette concrete in vista delle elezioni, mentre Unione popolare e Italexit sorvolano sul tema:
- Partito democratico
- Lega
- Azione-Italia viva
- +Europa
- Le altre posizioni a destra
- Le altre posizioni a sinistra
- Rete unica e Tim
La ricetta del partito guidato da Enrico Letta si incardina su un Fondo nazionale per il diritto alla connessione digitale, dove far confluire 1,2 miliardi di risparmi da uno dei capitoli di spesa della missione 1 del Pnrr (quella dedicata al digitale), benché non sia chiaro come, e gli introiti “di una nuova gara sulle frequenze 5G”, mettendo all’asta le fasce 3.8-4.2 gigahertz (GHz) ed eventualmente i 60 megahertz (MHz) della fascia 3.6-3.8 GHz della Difesa in licensed sharing. In passato queste gare hanno fruttato molto alle casse dello Stato. Nel 2018 i rilanci per le aste 5G sono arrivati a totalizzare 6,5 miliardi.
I fondi raccolti servirebbero per “incentivare il passaggio delle famiglie a reti a banda ultralarga (coprendo costi fissi una tantum di migrazione/attivazione di nuova linea)”, “finanziare il cablaggio verticale degli edifici in fibra ottica e la predisposizione di apparati per gli “edifici intelligenti” e l’internet delle cose”, anche per sistemi di risparmi energetico; acquistare un computer per tutti gli studenti di scuole medie, superiori, istituti tecnici superiori e università a reddito medio o basso. Quest’ultima proposta tuttavia, senza una chiara indicazione del numero di potenziali beneficiari, rischia di rimanere sulla carta. Il Pd propone anche una “una piattaforma di riconversione delle aziende in crisi e formazione dei lavoratori per il sostegno allo sviluppo delle infrastrutture in fibra finanziate dal Pnrr”.
Il Carroccio annuncia lo “switch off dal rame entro l’anno 2030”. Niente di eccezionale, considerato che è l’obiettivo dell’Unione europea. Più che altro, la Lega mette le mani avanti: il suo ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, nei mesi scorsi aveva bollato come illusorio l’obiettivo di cablare in fibra l’Italia entro il 2026. La Lega propone un “federalismo digitale”, affidando a presidenti di Regioni e province autonome a “commissario per la connettività per la realizzazione della rete unica” (il che esplicita anche la posizione sulle reti di Open Fiber e Tim) e la nomina di un Mister Antenna (ma perché non Miss?), ossia una “figura terza”, nominata dagli enti locali, “che individui il posizionamento e l’installazione di infrastrutture tecnologiche per non lasciare alle sole imprese la scelta dei siti e semplificare l’iter autorizzativo”. La Lega potrebbe proporre un test in Veneto, Regione dove governa e dove l’opposizione alle antenne 5G, in molti Comuni guidati dal Carroccio, è stata pesante.
Il ticket tra Carlo Calenda e Matteo Renzi è l’unico a menzionare un “adeguamento” delle soglie di emissioni elettromagnetiche ai parametri europei, per essere più competitivi. I limiti italiani sono ben al di sotto della soglia di guardia. I due partiti insistono su copertura con la fibra fino a dimora, 5G e incentivi per gli edifici intelligenti, “con leve fiscali di lungo termine, come sconti in tasse di successione e nel calcolo del plusvalore in caso di rivendita”.
Il partito di Emma Bonino propone di riscrivere i bandi di gara per le reti in fibra e il 5G, “ampliando il novero degli operatori a cui è consentita l’installazione di impianti (per esempio ai gestori di infrastrutture sul territorio come gestori autostradali o ferroviari) e facilitando accordi di cooperazione con gestori tra operatori infrastrutturale e di servizio”. Nel caso delle aree a fallimento di mercato, l’idea è di bandire gare per destinare gli incentivi a “a imprese sottoposte alla vigilanza di un’Autorità di regolazione”, che potrebbe essere lo stesso garante delle comunicazioni.
Le altre posizioni a destra
Il programma dell’alleanza di destra (Fratelli d’Italia, Forza Italia, Lega e Noi moderati) si limita a menzionare “potenziamento e sviluppo delle infrastrutture digitali ed estensione della banda ultralarga in tutta Italia” e la “difesa delle infrastrutture strategiche nazionali” in riferimento alla partita su Tim e sullo scorporo della rete.
Le altre posizioni a sinistra
Il Movimento 5 Stelle, da sempre pro-digitale, non dice più di un semplice assunto: “Copertura nazionale con banda ultralarga”. Poco, considerato che il leader Giuseppe Conte, da presidente del Consiglio, ha varato la norma per bloccare i Comuni no 5G. Anche Possibile di Giuseppe Civati si limita a ribadire che è “necessario completare rapidamente la copertura della rete di connessione che colmi il divario digitale fra Nord e Sud e aree periferiche e centrali”.
La caduta del governo guidato da Mario Draghi pesa sul progetto di una rete unica, in cui convergano le infrastrutture di Tim, secondo il piano di scorporo dell’amministratore delegato Pietro Labriola, e quelle di Open Fiber. Quando al timone dell’ex monopolista di Stato c’era Flavio Cattaneo, intenzionato a sviluppare una rete gemella a quella dell’allora Enel Open Fiber dopo aver perso le gare Infratel, il governo, nella persona del ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, si era piccato per l’inutile duplicazione.
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di Luca Zorloni www.wired.it 2022-09-07 05:00:00 ,