“Penso ai bot come a un tipo di medium, o a uno strumento di internet”, racconta Ho, che ritiene che bot innocui e utili come il uso non siano improntati necessariamente al profitto: “Quello che faccio con il mio bot non alimenta il capitalismo – prosegue –. Con i bot che diffondono disinformazione, invece, si possono fare soldi. È per questo che esistono“.
Una questione di percezione
Parte del problema, dice Buckenham, è che il termine “bot” ha un significato elastico. Un articolo accademico del 2021 dimostra che l’utilizzo di tre diversi metodi per definire il comportamento non autentico su Twitter porta a tre stime molto diverse sulla percentuale di utenti coinvolti. Buckenham afferma che le persone scambiano i nuovi utenti di Twitter, che spesso hanno una stringa di numeri assegnati automaticamente al loro nome utente, per account falsi promossi da uno stato. “È una questione di bolle – sottolinea Buckenham –, persone differenti usano Twitter in modi diversi. Si può essere abituati a imbattersi solo in persone che twittano in modo simile al proprio, quindi quando se ne incontrano altre che usano il servizio in modo diverso, si presume che siano false o illegittime“. Quello che una persona percepisce come un bot russo progettato per diffondere disinformazione potrebbe essere in realtà una mamma americana di mezza età che non si preoccupa di cambiare il proprio nome utente rispetto all’opzione predefinita che le è stata assegnata al momento dell’iscrizione.
Buckenham ritiene che il passaggio da una parola neutra come era originalmente “bot” a una termine molto connotato sia avvenuto nel 2016, quando gli account falsi sono diventati lo spauracchio che avrebbe fatto vincere a Donald Trump le elezioni presidenziali statunitensi. L’evento ha fatto sì che da uno strumento usato da comunità di nicchia negli angoli di internet, i bot iniziassero a essere associato a uno strumento di disinformazione progettato per seminare discordia e polarizzare la società.
Questa polarizzazione è proseguita con la querelle tra Musk e Twitter, durante la quale i bot sono stati presentati come nemici di una piattaforma altrimenti armoniosa. Non è così, però, spiega Buckenham: “Aggiungono serendipità e bellezza alle timeline“. Buckenham fa l’esempio di bot come BoschBot, che pubblica diligentemente piccoli tasselli di dipinti di Hieronymus Bosch ogni pochi minuti. Buckenham ha creato un bot simile, @softlandscapes, che posta paesaggi dai colori pastello ogni sei ore. È uno dei suoi bot più popolari: “Principalmente esiste perché alcuni lo seguono, e tra tutte le cose tristi e terribili nelle quali ci si imbatte su Twitter, vedere un paesaggio bello e rilassante ti estranea e ti distrae da tutte le cose stressanti della vita quotidiana“.
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di Chris Stokel-Walker www.wired.it 2022-10-09 17:00:00 ,