“Sono giorni che chiediamo di vedere nostro fratello. Almeno per il riconoscimento della salma”. È il grido di dolore di Franco Zagaria, fratello di Osama Paolo Harfachi, 30 anni, foggiano di origini marocchine, trovato deceduto il 18 ottobre scorso nel letto della sua cella del carcere di Foggia. Il giovane era detenuto per rapina e il suo arresto risale al 13 ottobre. “Non sappiamo cosa sia successo. Dal carcere non ci hanno informato di niente, né dell’arresto e né della morte. Ma – aggiunge – un ex detenuto, amico di mio fratello, mi ha detto che lamentava dolori all’addome. La sera prima è andato a letto e il giorno dopo non si è più svegliato”.
Ora c’è un’indagine per capire cosa sia realmente successo nella abitazione circondariale di Foggia. Il pm inquirente ha disposto l’autopsia che sarà eseguita nei prossimi giorni. Una prima ispezione cadaverica parla di morte per arresto cardiaco, conclusione ovvia per un decesso. “Non crediamo a questa versione dei fatti – dice Zagaria – Paolo era uno sportivo, giocava a calcio. Era una forza della natura”.
Secondo quanto riferito dall’ex detenuto al fratello di Paolo, quest’ultimo lo avrebbe incontrato nei corridoi del carcere. L’ex detenuto avrebbe visto Paolo particolarmente sofferente e gli avrebbe chiesto cosa fosse successo. “Mi hanno picchiato”, avrebbe risposto Paolo. Tra Zagaria e l’ex detenuto tornato in libertà il giorno successivo all’arresto di Osama Paolo, ci sarebbe stato un fitto scambio di messaggi. Sms che ora sono nelle mani degli inquirenti.
Intanto la famiglia della vittima ha sporto denuncia alla Procura di Foggia. “Chiediamo sia fatta chiarezza sulla morte di nostro figlio” – dicono i genitori, la madre Arika Mouhib ed il padre Iakbir Harfachi. Insiste anche Michela Scopece, legale della famiglia Harfachi: “I genitori – sottolinea – vogliono soltanto sapere cosa sia realmente accaduto dalla data dell’arresto alla morte improvvisa e inaspettata del figlio, visto che la vittima non aveva alcun problema di salute”.
Dura la presa di posizione del segretario del sindacato della polizia penitenziaria Sappe, Federico Pilagatti, che ricostruisce in una nota l’accaduto, spiegando che a dare l’allarme è stato il poliziotto addetto alla sezione, che verso le 8 del 18 ottobre, durante il consueto giro di controllo, ha visto il detenuto disteso sul materasso, come se dormisse. “Subito dopo è ripassato e, non ricevendo alcuna risposta dallo stesso, ha dato l’allarme con l’intervento immediato dei sanitari che ne avrebbero constatato la morte”. Quindi, auspica che finisca lo “sport nazionale di gettare fango sulla Polizia penitenziaria”.
[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2022-10-20 15:32:05 ,bari.repubblica.it