Anche il Canada si è trovato in una situazione uguale a quella svizzera. Nei mesi scorsi ha mandato al macero 13,6 milioni di dosi di AstraZeneca, che è oltre la metà di tutte le dosi AstraZeneca che ha mai comprato. In primavera aveva dovuto fare lo stesso con altre 1,2 milioni di dosi. Come scrive il British Medical Journal, “il paese ha attirato critiche all’inizio della pandemia come uno degli acquirenti e accumulatori di immunizzazioni più aggressivi tra i paesi ricchi”. In effetti quando è partito lo sviluppo di più immunizzazioni, il Canada ha firmato accordi che riservavano al paese fino a 500 milioni di dosi di sette diversi potenziali immunizzazioni, questo a fronte di una cittadinanza di sole 38 milioni di persone. Come se non bastasse, il paese ha anche ottenuto nelle fasi più dure della pandemia quattro milioni di dosi dal sistema Covax, pensato in teoria per distribuire immunizzazioni ai paesi più poveri. Molte di quelle dosi sono ora scadute e verranno distrutte, questo mentre nei paesi del circuito Covax Proseguono a esserci problemi di reperibilità.
Disuguaglianze vaccinali
I paesi industrializzati nel momento in cui sono stati sviluppati i immunizzazioni hanno cercato di arraffare tutto l’arraffabile, al di là di quelle che erano le effettive necessità. La corsa al vaccino si è così tradotta in un enorme sperpero di dosi, come mostrano il caso svizzero e canadese. Come scriveva il magazine americano Quartz già nell’agosto del 2021, le nazioni ricche hanno ricevuto abbastanza dosi per vaccinare quattro volte la loro cittadinanza. Altrove invece non è così.
Secondo i dati dell’Unione africana, solo il 22,7% della cittadinanza del continente ha completato il ciclo vaccinale. In alcuni paesi questa percentuale precipita ulteriormente: in Niger si attesta al 6,5%, in Madagascar al 5,4%, in Burundi addirittura allo 0,2%, in questo caso per effetto anche di una certa esitazione nel governo e nella cittadinanza nell’avviare la campagna vaccinale.
Le compagnie farmaceutiche e gli stessi paesi industrializzati si sono appellati proprio a questa motivazione quando c’era da giustificare i gravi dati sulla disuguaglianza negli acquisti di dosi e somministrazioni. “Non c’è dubbio che la narrativa dell’esitazione riguardo ai immunizzazioni dei paesi più poveri sia radicata nel razzismo e nel colonialismo e nell’idea che alcune persone non sappiano come fare determinate cose”, ha sottolineato Fifa Rahman, consulente sanitario alla Matahari Global Solutions. Proprio quest’ultima insieme a People’s Vaccine Alliance e l’International Treatment Preparedness Coalition (Itpc) ha realizzato un report da cui emerge come il deficit vaccinale nei paesi poveri sia conseguenza di forniture non adeguate, ma anche di una scarsa adattabilità dei immunizzazioni nella loro conservazione e somministrazione ai contesti più difficili.
Le maggior parte delle dosi sono insomma state create a misura di paese ricco e non è un caso che siano finite per la quasi totalità proprio nei paesi più ricchi. Ora che paesi come gli Stati Uniti hanno dichiarato terminata la pandemia, con la conseguenza che non compreranno più immunizzazioni, forse qualcosa potrebbe cambiare nella vaccinazione delle aree più povere del mondo.
Leggi tutto su www.wired.it
di Luigi Mastrodonato www.wired.it 2022-10-30 08:31:24 ,