Ogni anno è la stessa cosa. Non appena inizia a fare freddo, la gente si rifugia al chiuso. Si chiudono le finestre. Le persone smettono di andare al lavoro a piedi o in bicicletta, ripiegando su autobus e metropolitane affollate. Ci ritiriamo dove fa più caldo, e il nostro respiro si condensa sui vetri di case, uffici, scuole e mezzi di trasporto. In sostanza, creiamo, l’ambiente perfetto per la riproduzione dei virus.
Quando inizia la stagione dei virus respiratori, di solito lo scenario è abbastanza prevedibile. Nell’emisfero settentrionale i pazienti iniziano a essere ricoverati in ospedale intorno a ottobre, dopo aver contratto l’influenza o il virus respiratorio sinciziale (Rsv). Migliaia di persone si ammalano e molte di loro muoiono, ma fatta eccezione per gli anni caratterizzati da ondate più estreme, i sistemi sanitari in Europa e Nord America non rischiano di essere sopraffatti.
La pandemia, tuttavia, ha compromesso questa prevedibilità. Il Covid-19 ha aggiunto un altro virus al mix stagionale e quest’anno l’influenza e l’Rsv stanno tornando con prepotenza. Potrebbe essere in arrivo un’epidemia doppia o addirittura una tripla, in cui tutti e tre i virus colpiscono contemporaneamente, le malattie aumentano e i sistemi sanitari scricchiolano sotto la pressione. E i segnali indicano come questo scenario sia già in corso.
L’impennata dell’Rsv
Negli Stati Uniti, per esempio, diversi ospedali sono già al completo, con un numero di bambini contagiati dal Rsv e altri virus molto maggiore rispetto a quanto ci si aspetterebbe in questo periodo dell’anno. I Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc) non tengono traccia dei casi, dei ricoveri e dei decessi legati all’Rsv come invece fanno per l’influenza, ma ospedali in tutto il paese hanno segnalato dei picchi che in genere si registrano a dicembre e gennaio. Nella settimana conclusasi il 29 ottobre quasi un test su cinque per l’Rsv è risultato positivo, con una percentuale che è raddoppiata nell’arco di un mese. In generale, più alta è la percentuale di test positivi, più comune è il virus nella comunità. Nei tre anni precedenti la pandemia a ottobre era risultato positivo in media solo il 3 % dei test.
È una delle conseguenze della pandemia. Negli ultimi due anni, l’Rsv e l’influenza sono stati contenuti grazie alle misure di protezione individuale adottate per contrastare il coronavirus: indossare la mascherina, lavarsi le mani e isolarsi. Tra l’inizio della pandemia e il marzo 2021, il tasso di positività settimanale per i test dell’Rsv negli Stati Uniti è rimasto al di sotto dell’1 % rispetto al periodo pre-pandemico, secondo i dati dei Cdc.
Effetti collaterali
A luglio di quest’anno, alcuni esperti hanno segnalato sulla rivista scientifica The Lancet che i benefici di queste precauzioni adottati contro la pandemia potrebbero finire per avere un risvolto negativo quest’inverno. Riducendo l’esposizione a comuni virus endemici come l’Rsv e l’influenza, secondo gli esperti, si rischiava di creare un “gap immunitario” nelle persone nate durante la pandemia o che non avevano precedentemente sviluppato un’immunità sufficiente contro questi virus.
Leggi tutto su www.wired.it
di Sabrina Weiss www.wired.it 2022-11-10 18:00:00 ,