Con questo documento le associazioni (Fai, Legambiente, Wwf Italia) chiariscono le tappe principali per una transizione ecologica che coniughi lo sviluppo delle energie pulite con il paesaggio, nella salvaguardia del territorio.
In questo momento storico, caratterizzato dalla crisi climatica ed energetica, abbiamo di fronte a noi sfide importanti che richiedono grandi trasformazioni, sia dei nostri stili di vita che dei nostri territori. Per questo, il paesaggio deve essere posto al centro della transizione ecologica: una scelta determinante affinché tutte le trasformazioni necessarie siano in grado di non compromettere il nostro patrimonio comune, ma al contrario divenire l’occasione per riqualificarlo.
Il paesaggio deve tornare al centro della discussione pubblica in una chiave progettuale. Non quindi come entità statica, bensì come bene comune rinnovabile, perché per sua natura viene modellato nel tempo, dalle attività umane e dai fenomeni naturali e oggi, diremmo piuttosto “ferito” dalla crisi climatica. Per “rinnovarlo” in modo sostenibile dal punto di vita culturale, sociale e ambientale servono regole condivise, competenze aggiornate, procedure e strumenti efficaci. La trasformazione del paesaggio non è solo questione estetica, ma sociale e ambientale e quindi etica. Il paesaggio è un’opera collettiva, la cui dimensione polisemica ci permette di riconquistare un più autentico senso di appartenenza nei confronti dei luoghi. Sentimento che ci permetterà di migliorare la gestione della qualità delle trasformazioni.
È innegabile che la diffusione degli impianti per produrre energia da fonti rinnovabili, in linea con gli obiettivi di de-carbonizzazione, inciderà sui nostri territori, trasformando i paesaggi. La sfida che si pone è quella di non restare osservatori passivi della “rivoluzione in atto”, ma di governarla e orientarla con la più formidabile dotazione di competenze di cui saremo capaci come sistema-Paese. Coniugare gli obiettivi della transizione energetica con la lungimiranza nella pianificazione paesaggistica e la qualità della progettazione è quindi la sfida importante del prossimo futuro.
Tutelare l’identità dei luoghi e garantire la partecipazione dei cittadini
Per una reale partecipazione è necessario garantire procedimenti amministrativi trasparenti e un coinvolgimento tempestivo delle comunità coinvolte dai progetti. Diviene, quindi, strategico estendere la modalità del Dibattito Pubblico anche oltre le soglie già previste, favorendo per impianti di dimensioni più ridotte l’uso di forme partecipative reali meno onerose e più brevi, come l’inchiesta pubblica (interna ai procedimenti di VIA).
Un nuovo ruolo per la pianificazione e la progettazione del paesaggio
In questa fase di transizione ecologica dobbiamo restituire dignità al ruolo della pianificazione, a partire da uno strumento formidabile della legislazione nazionale: il Piano Paesaggistico Regionale. Uno strumento che, già previsto dalla Legge Galasso nel 1985, avrebbe dovuto rapidamente colmare tutte quelle lacune di co-pianificazione che una legislazione binaria (l’urbanistica alle Regioni, la tutela del paesaggio allo Stato) avrebbe lasciato sul campo. Un obiettivo largamente disatteso. Spingere e incentivare tutte le Regioni a dotarsi di un Piano Paesaggistico co-pianificato con il Ministero della Cultura, lungi dall’essere un aggravio burocratico, precostituisce invece una sintesi alta e condivisa della lettura di un territorio, snellendo poi le procedure di autorizzazione paesaggistica.
Rilanciare la pianificazione paesaggistica regionale
Da questo punto di vista, come suggerito dal D.Lgs. 199/2021, in recepimento della Direttiva RED II, siamo in una fase completamente nuova. La cultura della pianificazione pubblica può tornare a essere protagonista perché non occorre più aspettare la prima proposta del mercato. Per questo, chiediamo che sia promosso quanto prima un piano nazionale straordinario per l’individuazione delle aree idonee per l’installazione e la riqualificazione degli impianti per le energie rinnovabili.
Promuovere un piano nazionale straordinario per le Aree Idonee
Propedeutico e necessario al raggiungimento di questo obiettivo è l’istituzione una cabina di regia interministeriale per le energie rinnovabili a cui partecipino: i Ministeri dello Sviluppo Economico, dell’Ambiente, della Cultura, della Ricerca e quello delle Infrastrutture, in dialogo con altri Enti nazionali quali: ISPRA, ISTAT e CNR, per favorire e riqualificare la pianificazione e la valutazione d’area vasta. Non possiamo permettere che la fase storica che stiamo vivendo sia caratterizzata da settorialismi autoreferenziali. Occorre una maggiore collegialità nelle decisioni e, soprattutto, un approccio sistemico e multidisciplinare.
Istituire una Cabina di regia interministeriale
Se l’efficientamento energetico dell’intero patrimonio architettonico del nostro Paese diventa una mission di prima grandezza dello scenario 2030 (scommessa sugli edifici a consumo di energia quasi nulla -NZEB- inclusa), allora occorre investire di più sulla formazione permanente dei professionisti e del personale delle pubbliche amministrazioni già attivi sul paesaggio. In particolare, occorre mettere al centro della formazione il progetto di paesaggio, che dovrà includere l’esigenza della progettualità energetica, non limitandosi più a diventarne l’appendice finale quale abbellimento compensativo. Piano e progetto debbono – in altri termini – tornare protagonisti della cultura e del bagaglio tecnico/scientifico di architetti, ingegneri e funzionari pubblici.
Varare un programma straordinario di formazione paesaggistica permanente
Rinnovabili e paesaggio: una sfida da vincere
Per de-carbonizzare la nostra economia, è necessario raggiungere entro il 2030 gli 85 GW di potenza nominale installata (60 GW derivanti da solare, 25 GW da eolico, indubbiamente le due “regine” delle fonti rinnovabili per la produzione elettrica). Una sfida difficile ma non impossibile. Vediamo meglio nel dettaglio le due fonti energetiche. La potenza fotovoltaica oggi installata in Italia è di circa 22 GW e abbiamo l’obiettivo di arrivare a 60 GW entro il 2030.
Il fotovoltaico si coniuga perfettamente con un utilizzo decentrato dell’energia, ma le sole coperture degli edifici (essenziali per ridurre i consumi da rete elettrica) non sono sufficienti per coprire le necessità dei comparti industriali. La produzione di energia su piccola scala, pur insufficiente, è comunque importantissima perché favorisce il controllo dal basso da parte dei cittadini responsabilizzandoli. Non solo: riduce i problemi autorizzativi, elimina sostanzialmente gli impatti paesaggistici, favorendo la nascita di comunità energetiche.
Sostenere la nascita e la diffusione delle comunità energetiche
Considerati però gli scenari climate neutral sarà il contributo di impianti su scala industriale a risultare assolutamente indispensabile. Già oggi, si realizzano centrali solari con potenza di 2 GW, ma è evidente che la moltiplicazione di questi progetti impone a monte scelte di pianificazione territoriale. La priorità dovrà essere riservata alle grandi zone commerciali, alle aree industriali dismesse, al suolo abbandonato e/o contaminato o compromesso sul piano della fertilità agricola, seguendo il principio di non “occupare” neanche un ettaro di suolo fertile, se non con tecnologie compatibili (agrivoltaico), evitando quindi gli errori del passato. Ad esempio, la collocazione su aree agricole dismesse o su aree libere non destinate all’agricoltura deve tenere conto dell’agro-ecosistema in cui queste sono inserite, per evitare che la naturalità di questi contesti sia indebolita se non compromessa. Inoltre, l’agrivoltaico potrà e dovrà integrare il reddito dell’impresa agricola con la produzione di energia elettrica.
Predisporre un piano per lo sviluppo dell’agrivoltaico nelle aree rurali
In sintesi, la soluzione più razionale è, innanzitutto, installare i pannelli sui tetti delle nuove costruzioni, sugli edifici pubblici, nelle aree industriali e ovunque l’impatto sul paesaggio sia trascurabile; sapendo che questo non può bastare, è importante orientare l’istallazione su altre tipologie di superfici – senza occupazione di nuovo suolo. Da questo punto di vista, serve anche ribaltare la narrazione dei tetti solari nei centri storici, non escludendo a priori la loro installazione ma favorendola a certe condizioni. Servono, in buona sostanza, piani speciali per il FV sui tetti industriali e commerciali, per lo sviluppo dei grandi impianti fotovoltaici nelle aree dismesse e/o da recuperare, o lungo le fasce di rispetto delle grandi arterie di comunicazione.
Predisporre piani speciali per il FV nelle aree industriali & commerciali, nelle aree dismesse e/o contaminate e – a certe condizioni – nei centri storici
Il tema della pianificazione si pone ovviamente anche per la produzione di energia eolica, rispetto alla quale abbiamo l’obiettivo di un sostanziale raddoppio entro il 2030 della potenza nominale installata, passando dagli attuali 11,2 GW a 25 GW. Partendo dagli squilibri causati dall’effetto “selva” di alcuni progetti del passato su alcuni territori, è possibile riequilibrare gli impatti grazie al repowering degli impianti esistenti con tecnologie più performanti ed efficienti, che possono ridurre il numero delle torri oggi presenti. Il rinnovamento dell’attuale parco eolico costituisce un obiettivo strategico su cui puntare, che faciliterebbe pure il raggiungimento degli obiettivi nazionali. Infatti, secondo le stime gli interventi sui campi eolici esistenti potrebbero aumentare la potenza installata di 4,5 GW, cioè più di un terzo della crescita che dobbiamo garantire al 2030.
Favorire l’efficientamento degli impianti eolici esistenti (repowering)
Bisogna affrontare i nuovi impianti eolici come vere e proprie sfide “progettuali”, che superino l’approssimazione dell’analisi di contesto di alcuni progetti già realizzati. Nessun luogo è uguale a un altro e ogni progetto ha l’obbligo d’inserirsi armonicamente nel contesto territoriale di cui si è riscontrata preventivamente la potenzialità anemometrica. Il progetto di paesaggio, in altri termini, deve diventare dunque il cuore stesso del progetto di parco eolico. I luoghi, a ben vedere, suggeriscono soluzioni. Le linee forti presenti sui territori (strade vicinali, linee di sub/crinale, curve di livello altimetrico, sviluppi del reticolo idrografico, etc.) possono rappresentare un’opportunità per un inserimento armonico; parimenti per l’off-shore la distanza dalla linea di costa e una disposizione a ventaglio può produrre un disegno complessivo più armonico e meno impattante. La qualità compositiva si gioca su elementi oggi non sempre sufficientemente considerati come le distanze tra gli aereogeneratori e la “proporzione” tra queste e le altezze delle torri. Per non parlare dei limiti degli studi di monitoraggio sull’avifauna, che accompagnano le proposte e che risultano spesso insufficienti.
Elevare la qualità progettuale promovendo formazione professionale specifica
Troppo spesso, in passato, abbiamo assistito ad atteggiamenti poco rispettosi delle prerogative locali da parte delle aziende proponenti. Dobbiamo, invece, tenere nel dovuto conto il ruolo dei cittadini che possono diventare protagonisti della transizione energetica, anche attraverso forme di azionariato diffuso nelle compagini societarie.
Incentivare forme di compartecipazione economica dei cittadini nei progetti
I paesaggi dell’economia circolare
Ci siamo fin qui giustamente soffermati sull’enorme ruolo che può svolgere l’impiantistica per le fonti rinnovabili di energia, per contrastare i cambiamenti climatici in atto. Non meno importante, tuttavia, è l’inserimento di impianti atti a recuperare e riciclare la materia. Se il biogas italiano fa ormai scuola nel mondo, il biometano, ovvero il prodotto di un processo di raffinazione del biogas detto “upgrading“, stenta invece a decollare, soprattutto a causa di un quadro normativo poco chiaro. Da questo punto di vista occorre favorire e incentivare il recupero energetico da rifiuti organici e soprattutto dagli scarti delle produzioni agricole e zootecniche. Le riserve certe di gas fossile in Italia oggi, sono pari a circa 40 miliardi di metri cubi. Sono pertanto così esigue da non poter garantire neanche un anno di fabbisogno nel nostro Paese stanti gli attuali consumi. Mentre la rinnovabilità del biometano, negli anni, permetterebbe di avere un orizzonte temporale molto più lungo e di poter gestire al meglio la transizione per quei settori in cui l’elettrificazione non è ancora possibile.
Favorire pratiche agricole che aumentino la capacità di stoccaggio di CO2 dei suoli, dissuadendo con ogni mezzo inutile consumo di suolo fertile.
- Armonizzare il quadro normativo relativo al biometano, escludendo la produzione agricola primaria destinata alla produzione di biocarburanti.
- Rivisitare complessivamente tutti i Piani Regionali per l’Economia Circolare, in modo che includano anche piani specifici per il Benessere Animale, volti a ridurre drasticamente il numero dei capi negli allevamenti zootecnici intensivi.
- Rendere chiaro e coerente il quadro normativo per la produzione di biometano e, più in generale, di tutte le materie prime seconde dell’economia circolare
Source link
[email protected] (Redazione di Green and Blue) , 2022-12-09 08:02:52 ,
www.repubblica.it
[email protected] (Redazione di Green and Blue) , 2022-12-09 08:02:52 ,
Il post dal titolo: Paesaggi rinnovabili, 12 proposte per una giusta transizione energetica scitto da [email protected] (Redazione di Green and Blue) il 2022-12-09 08:02:52 , è apparso sul quotidiano online Repubblica.it > Green and blue