Si tratta di una decisione importante perché conferma di alcuni principi, relativi alla natura degli nft, che sinora costituivano solo supposizioni, anche se ben supportate dall’interpretazione delle norme vigenti.
Il vecchio diritto applicato alle nuove tecnologie
Riccardo Traina Chiarini, avvocato specializzato in diritto della proprietà intellettuale e delle nuove tecnologie counsel di Trevisan & Cuonzo, studio che ha assistito Juventus nella procedura, spiega che “la creazione di nft – che il tribunale qualifica come “beni destinati alla vendita commerciale” – necessita di specifica autorizzazione da parte del titolare del marchio, di cui pertanto costituisce una violazione a sé stante e distinta dalla violazione, anch’essa accertata dal giudice romano, dell’uso del marchio nelle immagini digitali”. Siamo di fronte quindi a una doppia violazione, la prima riguarda la creazione stessa del nft della Juventus, quindi del certificato digitale, mentre la seconda attiene all’uso indebito del marchio della squadra nell’opera collegata al certificato.
Ma questo episodio ci mostra un altro lato, forse meno conosciuto, della giustizia italiana. Nel caso della tutela della proprietà intellettuale, infatti, i tribunali italiani sono molto preparati ed efficienti e dimostrano che adire le vie giudiziali può essere in questi casi la soluzione vincente, preferibile a soluzioni stragiudiziali.
“La Juventus – spiega Traina Chiani – ha agito in modo rapido non appena è venuta a conoscenza della violazione, il che è essenziale a maggior ragione in un caso come questo dove vi è la necessità di evitare – o almeno limitare – il rischio che gli nft vengano venduti dal creatore che non ne ha diritto e diventino disponibili sul mercato secondario, dove sono molto più difficili da bloccare”.
Tale scelta tutela sia il titolare del diritto, la Juventus in questo caso, sia l’ignaro acquirente che si troverebbe ad aver acquistato un nft contraffatto, privo dunque del reale valore apparente. Un ruolo fondamentale, in questi casi, lo giocano ancora le piattaforme che ospitano gli nft in vendita. Poiché, infatti, i contenuti a cui gli nft sono collegati spesso non si trovano nella blockchain, ma su server nella disponibilità delle stesse piattaforme, sarà facile per queste bloccare e rimuovere il contenuto illegittimo.
Se, dunque, questo episodio dimostra che le regole vecchie valgono e funzionano perfettamente anche con le tecnologie più innovative, l’Unione europea ha già varato alcune nuove norme, presto in vigore, per regolare il fenomeno crypto e le collezioni di nft, il Market in Crypto-assets Regulation (Mica), e la responsabilità delle piattaforme nei casi in cui ospitino contenuti illeciti, il Digital services act.
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di Vincenzo Tiani www.wired.it 2022-12-14 06:00:00 ,