Le forze di opposizione incalzano il governo Meloni sui diritti di lavoratori e lavoratrici. Dopo la richiesta di introdurre un salario minimo formulata alla Camera dalla segretaria del Partito democratico (Pd), Elly Schlein, il portavoce del Movimento 5 stelle (M5s), Giuseppe Conte, ha presentato una proposta di legge per la riduzione dell’orario di lavoro a parità di stipendio. L’iniziativa avrebbe anche il sostegno di Pd e Cgil.
Dopo l’indiscutibile successo del più grande test sulla settimana lavorativa da 4 giorni, condotto in Regno Unito tra 61 aziende e circa 3 mila lavoratori e lavoratrici, anche in Italia si sta tornando a parlare seriamente di ridurre l’orario di lavoro, mantenendo lo stesso stipendio. E grandi compagnie, come Intesa Sanpaolo, stanno già avviando autonomamente delle sperimentazioni.
Un tracciato in cui si vuole inserire anche il Movimento 5 stelle, che ha proposto di avviare una sperimentazione per ridurre l’orario di lavoro fino a 32 ore settimanali, a parità di redistribuzione, ma riconoscendo alle aziende un esonero contributivo in caso di trasformazione dei contratti o di nuove assunzioni. Come già dimostrato dall’esperimento britannico, anche in questo caso l’obiettivo sarebbe di verificare come una migliore conciliazione tra tempi di vita e di lavoro sia in grado di incrementare la produttività.
La situazione in Italia
I dati confermano come lo Stivale abbia bisogno di una riforma del lavoro in linea con gli standard europei, sia per quanto riguarda i salari, sia rispetto alle ore di lavoro. In base a uno studio dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), pubblicato dal Sole 24 ore, in Italia si lavora 3 ore in più rispetto alla media della zona euro, con 33 ore a settimana, e circa 6 in più rispetto alla Germania.
Inoltre, il nostro è l’unico paese europeo dove gli stipendi sono andati a diminuire rispetto agli anni Ottanta, uno dei 6 paesi europei su 27 dove non c’è un salario minimo garantito e, come riporta ancora l’Ocse, mentre nel 2022 in tutta Europa i salari orari uninominali salivano del 4,1%, in Italia sono saliti solo del 3%. Ma nel frattempo, questa lieve crescita non riesce a star dietro all’aumento dell’inflazione, con prezzi che salgono sempre più velocemente, e alla conseguente riduzione del potere di acquisto delle famiglie.
E per rispondere a chi sostiene che un aumento dei salari possa far crescere ancora l’inflazione, Robert Reich, economista ed ex ministro del Lavoro degli Stati Uniti, ricorda che l’aumento dei margini di profitto delle grandi aziende è responsabile del 40% della crescita dei prezzi, innescata a partire dalla metà del 2020.
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di Kevin Carboni www.wired.it 2023-03-17 10:52:04 ,