Per esempio, in passato il fare rientrare gli Its sotto l’egida del ministero dell’Istruzione è sempre stato associato al rischio di ridurre gli Its stessi a meri istituti scolastici, peraltro amplificando la confusione di acronimi con gli Istituti tecnici industriali statali (Itis). “Poi si è discusso se farli passare sotto il ministero dello Sviluppo economico (oggi delle Imprese e del made in Italy), e una possibilità resta sempre quello dell’Università e della ricerca – prosegue Colombo -. Si è inoltre sempre fatto sentire il tema della concorrenza di competenze con le Regioni, tanto che gran parte della riforma è frutto dei confronti in Conferenza Stato-Regioni”.
Tra gli obiettivi della riforma, poi, c’era quello di chiarire e facilitare i rapporti tra Its e università, che sono sempre stati piuttosto confusi. “In un contesto di calo demografico e di limitate iscrizioni all’università”, fa notare Colombo, “non è sempre diffusa la convinzione di voler puntare con forza su un canale alternativo rispetto all’università stessa. Il mercato attualmente è abbastanza stretto, e sullo sfondo c’è anche la questione su come implementare e potenziare le lauree professionalizzanti (con più di qualche assonanza con gli Its, ndr), che a seconda dell’inquadramento possono essere un’occasione di sviluppo ulteriore per gli Its oppure un ostacolo alla loro crescita. E decisiva sarà anche la scelta su come intervenire modificando l’assetto di tirocini e apprendistati, che di nuovo insistono sullo stesso ambito”, prosegue l’esperto.
Di fronte a un raccordo tra Its e università nient’affatto banale, è difficile individuare un giusto o uno sbagliato in senso assoluto, ma molto dipende dalla visione che si intende concretizzare del panorama formativo post-diploma. Uno dei decreti annunciati entro fine anno sugli Its è quello che dovrebbe ridefinire gli indirizzi di studio degli Its stessi attraverso la scelta delle aree tecnologiche, in linea con le generiche indicazioni sulla transizione green, sul digitale e sull’industria 4.0 indicate dal testo della riforma. “Ci si aspetta comunque un semplice ampliamento rispetto all’esistente, che spazia dall’efficienza energetica alla mobilità sostenibile e alle tecnologie della vita, anche perché in un contesto in cui queste realtà sono già poco riconoscibili sia presso le aziende sia per gli studenti che fanno orientamento post-diploma, cambiare anche le aree tecnologiche di riferimento vorrebbe dire generare problemi di comunicazione esterna”, sottolinea Colombo.
Un modello didattico con una propria identità
Assodato che i decreti attuativi – e la riforma in generale – non stravolgeranno il sistema Its, resta però da capire qual è l’impatto culturale che si vuole assegnare agli Istituti tecnologici superiori. “L’identità degli Its rimane chiara, con corsi svolti grazie al protagonismo delle imprese e una didattica esperienziale”, conclude Colombo. “Il tema non è banalmente trovare un posto di lavoro, ma alimentare un modo diverso di imparare che non sia la lezione frontale. Questo non cambierà, mentre una vera novità sostanziale sarà il nuovo il sistema per il riconoscimento dei crediti formativi universitari Cfu per chi vuole proseguire gli studi dopo l’Its. Anche perché a oggi, al di là dei formalismi, a livello di percezione pubblica avere una laurea universitaria è cosa ben diversa da un titolo di diploma come quello che l’Its permette di ottenere”.
Un quadro normativo e di riconoscimento dei crediti che al momento è in gran parte coincidente con quello pre-riforma (proprio perché mancano i decreti attuativi), con l’assenza di un sistema di riconoscimento univoco dei crediti, nonché di parametri condivisi. A oggi gli accordi di riconoscimento reciproco tra Its e università sono frutto di partnership singole e non sistematizzate, con rari casi in cui il biennio Its può essere combinato con un anno di università per ottenere una laurea triennale, alcuni specifici sistemi di conversione quantificati con un numero di crediti formativi universitari e, però, la grande maggioranza dei casi in cui i percorsi Its non sono affatto riconosciuti dal sistema universitario. Generando, soprattutto tra chi è attualmente iscritto o appena diplomato, un certo grado di disorientamento.
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di Gianluca Dotti www.wired.it 2023-04-28 05:00:00 ,