Ha forse cinque mesi e urla e piange quando non ci sono braccia a cullarlo. Sono quelle di medici e infermieri del poliambulatorio, perché la sua mamma è sparita fra le onde nell’ennesimo naufragio al largo di Lampedusa. Non ha nome il più piccolo naufrago approdato sull’isola in una notte di arrivi continui, o almeno non lo si conosce. Chi poteva parlare per lui non c’è più, si cerca insieme forse ad altre tre persone o più. Erano insieme ad altri quarantasei, fra cui sei fra bambini e ragazzini e tredici donne, incluse diverse in avanzato stato di gravidanza, su uno dei gusci in ferro che attraversano il mare dalla Tunisia.
Ne hanno soccorsi a decine ieri notte gli uomini di Finanza e Guardia Costiera, con motovedette che per tutta la notte hanno fatto la spola fra il mare aperto e il molo Favaloro, dove fino alle quattro decine di naufraghi hanno atteso il trasferimento in hotspot. Poche ore di tregua, all’alba un’altra motovedetta ha attraccato con a bordo decine di sopravvissuti.
In tutto, dalla mezzanotte di ieri sono arrivati in circa trecento, tutti finiti nella “gabbia” di contrada Imbriacola, dove al netto dei trasferimenti degli ultimi giorni sono rinchiuse più di 2.300 persone.
E all’interno, la situazione rimane come sempre critica, con pasti, posti, cibo, servizi che non bastano per tutti. Centinaia di persone stanno accalcate persino davanti ai cancelli in attesa dell’identificazione. Da giorni ormai, i vetusti pulmini che servono per i trasferimenti sono costretti a entrare a marcia indietro perché il piazzale è così saturo di gente da non consentire loro di fare manovra.
[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2023-04-29 08:24:57 ,palermo.repubblica.it