Dal 2019 Syenkevc ha avviato il processo di digitalizzazione che ha reso Mykolayiv la città perfetta per provare a lavorare al futuro con l’aiuto di una squadra di tecnici internazionali. Un processo facilitato dalle Nazioni Unite tramite l’agenzia Unece (Comitato economico per l’Europa delle Nazioni Unite), che ha fatto da ponte con lo studio di architettura milanese.
La ricostruzione richiederà enormi sforzi da parte del governo di Zelensky. Otto milioni di rifugiati oltreconfine, città distrutte, mine antiuomo, danni ambientali difficili da quantificare: per questo, a soli due mesi dall’invasione nell’aprile 2022, il ministero per lo Sviluppo delle comunità e dei territori ha elaborato una bozza di raccomandazioni per guidare i piani di ricostruzione di città e infrastrutture compromessi dal conflitto. Il governo di Kyiv ha chiesto il sostegno dell’Unece per sviluppare ulteriormente le linee guida. “E recentemente il Parlamento ha approvato una legge per cui le città devono proporre un piano di sviluppo della comunità entro la fine dell’anno – aggiunge il sindaco -. Il nostro masterplan è parte di questa documentazione”.
Si apre la seconda fase
Chiusa la prima fase di analisi preliminare, in cui One Works ha lavorato pro bono con una squadra dedicata di sei persone, si apre in questi giorni la seconda, in cui verrà costituita una fondazione con la capacità di raccogliere i fondi necessari a far avanzare le attività di progettazione, che avvengono, per il momento, totalmente in remoto. Si cercando cinque milioni di euro. Mykolayiv è la terza città più colpita dai bombardamenti, dopo Mariupol e Kharkhiv, spiega il sindaco, “anche se molti piccoli centri sono stati completamente rasi al suolo. Negli edifici sono rimaste circa 300mila persone, 350mila inclusi gli abitanti delle zone limitrofe che sono venuti qui. Un numero esatto non l’abbiamo, si tratta di una stima basata sulle connessioni ai cellulari, ma molti hanno due telefoni, e quindi è approssimativa. Eravamo mezzo milione un anno fa”.
Sostiene Syenkevc: “Dobbiamo semplicemente creare una città in cui la gente voglia vivere. Per questo faremo molta attenzione ai dati, a raccoglierli e ad analizzarli. Quando ti siedi in una macchina ci sono delle ruote, uno sterzo, dei pedali: è così su tutte le vetture, e, nonostante le differenze, sai comunque come si guida. Lo stesso vale per le città: è la vita moderna a dettare le regole con cui dovranno essere ricostruite. Da parte nostra, cerchiamo di non reinventare la ruota, anche perché abbiamo deciso di rivolgerci a professionisti con molta esperienza e uno sguardo fresco che può aiutarci nello sviluppo. Penso che stiamo andando nella direzione giusta, e che quando presenteremo alla gente di Mykolayiv i risultati li accetteranno di buon grado, perché non si tratta di un piano autoreferenziale, ma di un documento costruito seguendo le migliori pratiche da tutto il mondo. Non so chi sarà il prossimo sindaco, ma lavorerà su questo piano”.
Mentre in Italia si teneva una bilaterale sulla ricostruzione, la scorsa settimana Mykolayiv è tornata a essere colpita dopo mesi dall’ultimo attacco. Quattro missili sparati, pare, da un sommergibile, un deceduto, una ventina di feriti. Dove si trova lo slancio per immaginare il futuro mentre piovono le bombe? “Gli esseri umani si abituano a tutto. Può essere la gioia, il dolore, l’angoscia, ed è così anche per la guerra – dice il sindaco -. Ormai ci è diventata familiare. Le esplosioni ci spaventavano all’inizio del conflitto, adesso ne sentiamo una e chiediamo: dov’è stata? Nelle prime settimane dopo l’invasione le persone si rifugiavano nei bunker: adesso, quando sentono le sirene antiaeree, nessuno scende più sottoterra. Certo, non è sicuro, ma è proprio questo che accade. Tutte le guerre dell’universo hanno un inizio e una fine. Anche questa un giorno terminerà. E, quando accadrà, noi avremo un piano pronto”.
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di Antonio Piemontese www.wired.it 2023-05-06 04:20:00 ,