Spider-Man torna con un nuovo, attesissimo film d’animazione, in un percorso che al momento può vantarsi di aver raggiunto un livello di innovazione e caratura semplicemente fantastici.
E dopo l’uscita di Spider-Man: Across the Spider-Verse, allarghiamo lo sguardo, confrontiamoci con la complessità di questo personaggio, con ciò che rappresenta dagli anni ‘60. Conobbe fin da subito un successo su carta semplicemente sensazionale, che l’ha reso il personaggio giovanile più amato di tutti i tempi, capace di affascinare intere generazioni di adolescenti come nessun altro.
Un supereroe simbolo dell’età più complicata
Il successo di Spider-Man è un argomento che affascina da decenni, ma anche una sorta di eredità culturale che è passata di generazione in generazione, quasi come capitava a felpe, giocattoli o scarpe dei fratelli più grandi. Peter Parker il supereroe di quartiere, è in realtà il personaggio di formazione più importante di sempre. Fin dagli inizi questo eroe ha avuto delle caratteristiche che lo rendevano inesorabilmente accattivante per il pubblico giovanile, su tutto il fatto che, rispetto ai vari titani, superuomini e super donne coperti di muscoli, con superpoteri quasi mitologici, lui invece è e rimane soprattutto una cosa: un ragazzo qualsiasi.
Quel morso di un ragno radioattivo, metafora connessa all’incubo nucleare della Guerra Fredda, non gli permette solamente ti poter acquisire dei poteri unici sensazionali, ma realizza in lui quel sogno di onnipotenza, che ogni adolescente bene o male ha dentro di sé.
In lui si manifesta quella volontà di sentirsi finalmente non solo libero dagli altri, ma soprattutto in grado di dominare la propria esistenza, in un modo che il mondo degli adulti spesso non permette.
Peter Parker infatti, è un personaggio incredibilmente dinamico. Il suo continuo cambiare e muoversi, è assolutamente coerente con l’età che rappresenta, quella in cui si abbandona la giovinezza e si comincia a guardare all’età adulta. Lo si fa prima sicuri di avere una libertà totale e totalizzante, poi a mano a mano, giorno dopo giorno, consci che invece arriveranno doveri, difficoltà, ma soprattutto responsabilità. Quest’ultima è la parola magica di Peter Parker e nessun altro supereroe vi è tanto profondamente connesso quanto lui.
“Da grandi poteri derivano grandi responsabilità”, si è fissata nell’immaginario collettivo in modo potentissimo e inattaccabile. Il paradosso, è che tale concetto viene espresso da lui, un ragazzo che della vita e del mondo non sa ancora molto, non quanto Superman, il Professor X o Iron Man. Peter Parker, ragazzo emarginato, bullizzato, povero in canna, brillante ma timido, non poteva che quindi diventare l’eroe di ogni adolescente; con tale formula si intende chiunque abbia ricoperto quello specifico tratto di esistenza negli ultimi decenni.
Si dice spesso che essere adolescenti oggi è diverso dall’esserlo ieri. Spider-Man però ci ricorda che certe cose non cambiano mai, su tutto il senso di inadeguatezza, il voler trovare il proprio posto nel mondo, l’ insicurezza che cresce, il non accettare che la vita, bene o male è fatta anche di elementi negativi, che spesso sono preziosi per migliorarci. Il paradosso è che Spider-Man è un supereroe in realtà tra i più possenti, dotato di alcune tra le qualità più uniche che la Marvel abbia mai cesellato su un suo protagonista. Ma è anche caratterizzato da umanissime fragilità, paure e drammi molto umani. Sorta di ragazzo prodigio che gioca con il potere quasi in modo incosciente, persegue una lotta contro il crimine che è istintiva, priva di retorica, si basa su quella naturale empatia verso i propri simili che è e rimane il suo tratto più distintivo, assieme ad una grande autoironia. Vi è del paternalismo? Certo, in una qual misura Spider-Man parla della ribellione come una sorta di rito di passaggio, non in antitesi al sistema con il quale in realtà spera di trovare anch’egli la sua strada.
Un volto per ogni generazione ed ogni epoca
Qual è il miglior Spider-Man? Domanda sbagliata, perché ogni Spider-Man nel piccolo o grande schermo, nei fumetti, nelle mille varianti, è stato strettamente connesso alla generazione di riferimento, pur mantenendo le caratteristiche fondamentali del personaggio.
Certo, Tobey Maguire, è indicato da tutti come lo Spider-Man per eccellenza, ma in lui si identificava un’intera Generazione, quella X, dei nati negli anni ’70, costretta ad affrontare la maturità in un mondo che cambiava, con le nuove tecnologie. L’insegnamento dei padri cozzava contro la realtà di un mondo che accelerava sempre di più, che diventava sempre più frenetico. Andrew Garfield, recentemente riscattatosi in questo ruolo, è stato uno Spider-Man tormentato, privo di quel candore e quella leggerezza che Maguire sapeva dare al personaggio. Questo perché è un millennial, ed ha dovuto familiarizzare con concetti ben poco gradevoli come quelli di perdita, solitudine, ma soprattutto di distruzione delle proprie aspirazioni. Quelli che oggi ormai viaggiano spediti verso i 40, sono stati come lui: frastornati di fronte ad una vita che non era quella che speravano, quella che immaginavano, quella che gli era stata promessa da chi era venuto prima.
Leggi tutto su www.wired.it
di Giulio Zoppello www.wired.it 2023-06-02 04:20:00 ,