Cosa sono i paesi terzi sicuri? Sono nazioni extra-Ue dove, stando alle definizioni che si è data la stessa Unione Europea, devono essere garantiti una serie di diritti fondamentali. E di questo i paesi da cui partono i rimpatri dovrebbero farsene direttamente carico. È fondamentale, come ribadito anche dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, che la vita e la libertà non siano minacciate per motivi di razza, religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza a un particolare gruppo sociale; che non sussistano rischi di danno grave per come definito dalla Direttiva 2011/95/UE; che venga rispettato il principio di non-refoulement per come viene sancito dalla Convenzione di Ginevra del 1951 e Protocollo di New York del 1967; che sia rispettato il divieto di allontanamento; che non si pratichino tortura e trattamenti o pene inumane, degradanti o crudeli come stabilito dal diritto internazionale e che infine esista la possibilità di richiedere lo status di rifugiato e, qualora si venga riconosciuti come rifugiati, si riceva protezione in conformità con la Convenzione di Ginevra del 1951 e Protocollo di New York del 1967.
L’accordo trovato nel corso del Consiglio, leggete bene, è che saranno i singoli paesi europei a decidere se un certo paese extra-Ue si possa considerare come “paese terzo sicuro”. Non l’Unione, dunque, con una sua valutazione valida per tutti ma ogni paese e dunque, nella sostanza, ogni governo o parlamento: per l’Italia, ad esempio, la Tunisia potrebbe esserlo e per la Germania no. Ma se su alcuni paesi il dibattito può effettivamente aprirsi, su altri rischiano di crearsi delle contraddizioni al limite del grottesco. Non si è per esempio fatto attendere, per darcene un esempio lampante, Nicola Molteni, parlamentare della Lega e Sottosegretario all’Interno. Venerdì 9 giugno, ad Agorà sui Rai3, ha spiegato che “la Libia non è un paese sicuro ma si potrebbero trovare dei porti sicuri dove fare i rimpatri e le espulsioni o installare i Centri di accoglienza”.
Insomma, come spiega Avvenire, “il principio rimane, ma sta a poi allo Stato membro valutare come e se applicare questi criteri”. Mentre sul resto poco cambia, perché i ricollocamenti non diventano obbligatori ma di obbligatoria – in un paradossale cortocircuito semantico – c’è solo la solidarietà a pagamento, l’unica vera novità di un accordo nato già vecchio è aver concesso carta bianca ai paesi membri nello stabilire dove rispedire i migranti a cui non avrà concesso alcun genere di protezione umanitaria.
Leggi tutto su www.wired.it
di Simone Cosimi www.wired.it 2023-06-09 09:56:24 ,