A Pizzighettone, in provincia di Cremona, H2 Energy ha inaugurato il primo impianto italiano di idrogeno verde, ma quel che conta davvero è che si tratta di una delle rare soluzioni al mondo industrializzabili: può essere prodotto in serie e richiede una manutenzione piuttosto agevole. “È una macchina modulare che viene pre-assemblata in linea, testata e poi installata in loco. I pochi concorrenti che offrono un elettrolizzatore di questo tipo non hanno ingegnerizzato la manutenzione, mentre noi consentiamo interventi di poche ore e l’ispezione dall’interno. Questa prima versione da 1 megawatt occupa lo spazio di un container standard da 45 piedi abbinato a uno più piccolo da 20 piedi, ma sappiamo già come intervenire per ridurre gli ingombri della prossima versione“, spiega a Wired Claudio Mascialino, co-ideatore della pmi innovativa.
L’impianto, di fatto meno ingombrante di un autoarticolato, serve a generare idrogeno verde partendo da energia rinnovabile e acqua opportunamente trattata. “Ma attenzione a non confonderlo con l’idrogeno rinnovabile che viene prodotto sequestrando CO2, perché in quel caso si chiama idrogeno blu“, puntualizza l’ingegnere. L’obiettivo è puntare sul cosiddetto load shifting, ovvero assorbire l’energia elettrica rinnovabile in eccesso – in relazione alla domanda – per poi rilasciarla nei momenti di bisogno. Un’altra possibilità è quella di usarlo per la realizzazione di altri prodotti chimici, come l’ammoniaca, urea, metanolo.
Le opportunità dell’idrogeno
L’approvazione e la ratifica da parte dell’Unione Eeuropea dell’Accordo di Parigi prevede di raggiungere emissioni zero entro il 2050. Inoltre a marzo i negoziatori del Consiglio e del Parlamento europea hanno trovato l’accordo sulla nuova revisione della Direttiva sulle energie rinnovabili, chiamata Red III, stabilisce che i consumi comunitari complessivi, al 2030, raggiungano almeno il 42,5% da fonti rinnovabili.
“Questo spiega anche il motivo per cui è stato riconosciuto un trattamento di favore alla produzione di idrogeno che non prevederà oneri di dispacciamento nel caso l’impianto venga alimentato con rinnovabili. Ad ogni modo sebbene il nostro impianto sia flessibile rispetto all’energia in ingresso per farlo lavorare a regime, circa 8mila ore l’anno, sarebbe bene impiegare fotovoltaico, eolico e magari anche impianti che usano biomasse come combustibile“, sottolinea l’ingegnere.
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di Dario d’Elia www.wired.it 2023-07-02 15:30:00 ,