Nell’ultimo decennio le criptovalute hanno generato una vera e propria rivoluzione finanziaria, non immune da zone d’ombra. Prima fra tutte, l’assenza in Italia (come in Unione europea) di una regolamentazione ad hoc, che per lungo tempo ha avuto un impatto anche sul fronte fiscale. Dopo anni di vuoto normativo, la legge di bilancio 2023 è finalmente intervenuta per sanarlo. Restano alcune lacune, ma almeno oggi esiste una specifica disciplina per la tassazione delle criptovalute.
La situazione:
- Perché dichiarare le cripto è complicato
- Il regime fiscale prima del 2023
- Cosa cambia con la legge di bilancio 2023
- Come semplificare la dichiarazione delle cripto
Perché dichiarare le cripto è complicato
Generalmente un risparmiatore non dichiara in autonomia i proventi dei propri investimenti: opera attraverso intermediari vigilati e sono questi ad assolvere all’obbligo dichiarativo per suo conto come sostituti d’imposta. In sostanza, ci pensa la banca, o la società di risparmio gestito. Nel mondo delle cripto è tutto diverso: non si comprano in banca, i possessori detengono wallet di varie blockchain, aprono account sugli exchange, e non è infrequente per alcuni possedere carte di credito “crypto-backed”, per effettuare pagamenti online o nella vita reale.
Rendicontare questa enorme mole di transazioni provenienti da sorgenti diverse è un vero rompicapo. “Ma non c’è niente di peculiare nelle cripto in sé. È il fai-da-te dichiarativo a complicare le cose” commenta a Wired Ferdinando Ametrano, amministratore delegato di CheckSig, azienda che fa da custode di bitcoin e altri cripto-asset per investitori privati e istituzionali. Raccogliere le informazioni per compilare la dichiarazione dei redditi è il limite più evidente. Non aiuta poi il fatto che gran parte degli exchange sono stranieri.
Il regime fiscale prima del 2023
Prima della legge di bilancio 2023, non era mai stata fornita alcuna definizione a livello legislativo delle criptovalute. Il campo era in mano all’Agenzia delle entrate e alle libere interpretazioni dei professionisti. L’indicazione dell’Agenzia, contenuta in una risoluzione del 2016, era di considerare le valute virtuali alla stregua di valute estere nella dichiarazione dei redditi. Un paradosso legislativo, dal momento che la tecnologia blockchain non ha confini né sedi e che molti possessori ne fanno un uso speculativo e non le utilizzano come valute.
All’atto pratico, per dichiarare le criptovalute si deve utilizzare il Modello redditi persone fisiche; questo vale anche per chi già presenta il 730, che può essere inviato in contemporanea. Nel modello ci sono due sezioni da compilare: la prima è il quadro RW, che risponde alla necessità di monitoraggio fiscale da parte dello Stato ed è obbligatorio, a prescindere dal valore del proprio portafoglio cripto e dalle modalità di custodia (wallet, exchange, chiavetta USB). “Qui bisogna fare una precisazione – chiarisce Federico Pacilli, inventore e amministratore delegato di CryptoBooks, un software per la tassazione delle cripto – l’obbligo dichiarativo non comporta automaticamente il pagamento delle tasse, è solo utile ai fini dell’antiriciclaggio”.
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di Greta Ardito www.wired.it 2023-07-27 04:50:00 ,