Nessuno vuole fare il maestrino con Giorgia Meloni sul Tricolore. Ci mancherebbe. Le vicende che interessarono la penisola italiana dall’età giacobina al compimento della fase risorgimentale sono intessute agli equilibri internazionali dell’epoca, di enorme interesse e altrettanta complessità, piene di imprese locali, di avvenimenti eroici ma fallimentari oppure minori ma essenziali per l’approdo al Regno d’Italia e alla presa di Roma nel 1870. Tuttavia due frasi striminzite sull’origine e il significato della propria bandiera, da parte della presidente del Consiglio italiana sovranista e nazionalista – quella che chiama nazione il paese – ce le saremmo aspettate. E invece è spesso così: alla fine sembra quasi sempre tutto un bluff. Perfino se il tricolore, in foggia di fiamma, ce l’hai nel simbolo del tuo partito.
Di nuovo: nessuno vuole fare esami di storia a Giorgia Meloni. E può anche essere che non avesse alcuna voglia di lanciarsi in una puntuta spiegazione (gli occhi al cielo in stile Mimmo-Carlo Verdone, “in che senso?”, non depongono a favore di questa ipotesi, ma non si può mai sapere). Però una risposta del genere a chi domanda del vessillo italiano non è obiettivamente accettabile: “Oh, sì. Sì, sì. Sì, è cosi per qualche motivo. È per molte cose, molte molte cose”. Qual era la domanda di uno zelante Chuck Schumer, leader della maggioranza democratica al Senato statunitense? Questa: “Mi stavo chiedendo, il rosso, il bianco e il verde nella bandiera italiana significano qualche cosa?”. Sì che significano qualche cosa, Chuck. Ovviamente significano qualche cosa. Solo che in quel momento alla premier patriota evidentemente quei significati non sovvenivano. O non ha ritenuto di addentrarsi in qualche passaggio storico scivoloso.
Basterebbe tuttavia una scorsa alla pagina dedicata sul sito del Quirinale. Da quella breve nota non ne esce a dirla tutta neanche una storia tanto complessa come alcune testate hanno titolato nel solito tentativo cerchiobottista del mal comune mezzo gaudio. Cioè del dire, “non lo sa nessuno, non possiamo crocifiggere Meloni”. La storia dice che sostanzialmente, sul modello del tricolore francese, alcune realtà giacobine di fine Settecento, su tutte la Repubblica Cispadana, acquisiscono il modello in tre bande con colori riferibili allo stemma comunale di Milano (il bianco e il rosso) e alle uniformi della Guardia civica milanese (il verde) aggiungendo stemmi e altri elementi e in quel caso con orientamento orizzontale. Questo in sintesi. Ma l’intera vicenda è appunto ben riassunta sulla pagina della Presidenza della Repubblica, dalle origini all’impiego come vessillo unitario e di libertà nel corso del Risorgimento passando per la svolta di Carlo Alberto del 1848, per il Regno d’Italia dal 1861 fino alla standardizzazione dei formati in epoca fascista.
Sono quattro righe che sarebbero valse una bella figura, ma soprattutto una figura dignitosa, a quella stessa Meloni che lo scorso 7 gennaio – data scelta non a caso all’epoca dell’istituzione della celebrazione di cui diremo fra poco – si lanciava in raffinate immagini e citava anche date e contesti che evidentemente ha dimenticato. Diceva, in occasione della Giornata nazionale della bandiera, che “in un famoso quadro del 1920 Cafiero Filippelli dipinge una donna intenta a rammendare un Tricolore. Un’immagine straordinaria, metafora del nostro impegno quotidiano. Ricucire ciò che è strappato, riannodare i fili del nostro stare insieme, riscoprirsi comunità. È questa la strada che intendiamo seguire per liberare le energie migliori della nazione. E rendere l’Italia ancor più protagonista in Europa e nel mondo”. Per poi aggiungere ciò che, con un filo di Filippelli in meno e qualche dettaglio in più, le sarebbe bastato per rispondere decentemente al 72enne senatore newyorkese: “Oggi l’Italia celebra la Giornata nazionale della Bandiera. La nazione festeggia il Tricolore nato nel 1797 a Reggio Emilia che in questi 226 anni ha accompagnato e ispirato il cammino del popolo italiano. Consacrata nella Costituzione, la Bandiera è il simbolo dell’Unità nazionale, racchiude i valori di libertà, solidarietà ed uguaglianza sui quali si fonda la nostra Patria e incarna quello straordinario patrimonio storico, culturale e identitario che universalmente viene riconosciuto all’Italia”.
Qualche mese fa spiegava anche che “nel mondo il Tricolore rappresenta lo spirito di sacrificio e la capacità di donarsi al prossimo dei nostri militari impegnati nelle missioni di pace, è la bandiera che i nostri diplomatici tengono alta nella difesa dell’interesse nazionale, sono i colori che i nostri connazionali all’estero hanno nel cuore e che mettono in ogni cosa che fanno”. È anche la bandiera il cui significato è evidentemente ignoto – o temporaneamente dimentico, nessun giudizio sulla cultura personale, solo sull’opportunità di evitare anche un minimo passaggio all’amatissimo tricolore – alla premier. Che pure nei mesi scorsi ha fatto sostituire ben 200 bandiere a palazzo Chigi, in un’operazione che dovrà concludersi entro l’anno per la modica cifra di quasi 30mila euro di vessilli. A dirla tutta, il conto include anche decine di nuovi esemplari della bandiera europea. Chissà se almeno di quella Meloni saprebbe dirci qualcosa (nel dubbio, meglio ripassare qui. Spoiler: è un po’ più facile).
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di Simone Cosimi www.wired.it 2023-07-28 13:50:06 ,