Il cinema spesso ha descritto, e a volte anticipato, le catastrofi ambientali, le trasformazioni del nostro ecosistema, gli imprevedibili effetti di una Terra fuori controllo, e tutto ciò che ne consegue. Scenari inquietanti che ricorrono in tanti film profetici, e che sono l’oggetto di un saggio a più livelli di lettura.
Il mondo non è più quello di una volta. Le pesanti trasformazioni dell’ecosistema causate dall’uomo hanno intaccato gli equilibri del nostro habitat e inevitabilmente hanno provocato pesanti trasformazioni. Molto spesso la natura si è ribellata, ha reagito, creando situazioni difficili da gestire. Uno scenario che è stato registrato e raccontato dal cinema, attento ai mutamenti epocali in corso.
Tutto questo complesso sistema è l’oggetto di Antropocene Horror di Fabio Malagnini (Odoya, 320 pagg., 22 euro), un saggio molto ben documentato che si occupa delle reazioni anche violente della natura in un mondo modificato inopinatamente dall’uomo.
Il sottotitolo del libro recita “Mostri, virus e mutazioni. Il cinema dell’orrore nell’era della crisi climatica”, e all’appello non manca nessuna voce dell’immaginario ispirato da un’epoca di grandi disastri ambientali. Il filo conduttore è il disordine causato dalla discutibile amministrazione del mondo in cui viviamo, e attorno a questo si dipananano decine di varianti, a partire dalla classica minaccia degli animali e degli insetti, che già aveva segnato il cinema degli anni ‘50, e che oggi ritorna in maniera più inquietante e pericolosa.
Ogni capitolo racconta una catastrofe possibile: Apocalisse zombie prende in esame il inquietante fenomeno dei decessi viventi, con incursioni nelle pandemie più devastanti; Sacrifici rituali riguarda i film in cui l’uomo cerca disperatamente di ingraziarsi una natura offesa, offrendole doni pagati col sangue; Gotico cannibale fa ulteriormente luce sulla vena di follia conseguente alla catastrofe; Animal House propone una sorta di zoo degli orrori, con squali, sciami di api assassine e insetti giganti; Ecologia dell’orrore fa il punto sui rischi di avere la natura come antagonista; Cartografie perturbanti disegna una mappa degli scenari in cui si consumano i grandi disastri raccontati dal cinema; Dal body horror al postumano conclude, con Parentele postumane, una trattazione meticolosa, che non tralascia nulla.
Oltre l’umano
Tra i vari temi che affiorano nelle pagine non mancano le pandemie, e viene spontaneo chiedersi se il Covid abbia stimolato l’immaginario del cinema. “Direi che era già iperstimolato”, nota Malagnini. “È banale dirlo senza richiamare il presunto ruolo profetico dell’arte ma nei vent’anni precedenti l’ondata Covid il cinema horror già pullulava di epidemie zombie e non, di entità fungine, di revenge movie dove la natura, le piante, Gaia, rivendicano la propria agency nella realtà e come personaggio al cinema. Ovviamente si tratta di antropomorfismi, ma a differenza dei disaster movie, dove lo spettacolo della catastrofe arriva dal nulla e tre giorni dopo i sopravvissuti sono già usciti dai bunker o in fila per il vaccino, nell’horror l’umano non smette mai di confrontarsi con i limiti della sua comfort zone. I lockdown sicuramente hanno stimolato il mio di immaginario, che durante un privilegiato isolamento domiciliare ho riguardato la saga di Romero e recuperato quella di Resident Evil. L’idea del libro probabilmente è nata lì. Se parliamo invece di “film covid” tout court, a parte gli Zoom movie da camera in webcam, le due letture più interessanti della pandemia mi sono sembrate In the Earth di Ben Wheatley e The Harbinger di Andy Mitton”.
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di Mario Gerosa www.wired.it 2023-07-31 04:20:00 ,