“Ci ha tenuti svegli un certo numero di notti. Ha prosciugato i nostri punti di forza e potenziato la nostra esperienza. E infine ci ha fatto esplodere di gioia. LiciaCube ha fatto tutto questo e molto altro. Abbiamo condiviso […] ogni singolo momento di una missione spaziale considerata impossibile da molti. Non da noi. E poi l’abbiamo fatta. Ora è il momento di votare LiciaCube come Missione dell’Anno!”.
È questo il messaggio pubblicato dalla società di satelliti Argotec che da qualche ora rimbalza fra gli account social di chi, come l’azienda torinese, l’Agenzia spaziale nazionale (l’Asi) e le tante istituzioni scientifiche coinvolte, dall’Italia ha partecipato alla prima missione di difesa planetaria della storia. L’entusiasmo è giustificato: fino a stasera, mercoledì 9 agosto, sul sito dell’American Institute of Aeronautics and Astronautics, sarà possibile votare LiciaCube come missione spaziale più rilevante del 2023.
Per comprendere la portata e i motivi della candidatura, sarebbe opportuno tornare alla notte fra il 26 e il 27 settembre dell’anno scorso, quando la sonda “Dart” della Nasa ha centrato Dimorphos, il più piccolo dei due asteroidi del sistema Didymos. Lanciato a più di 23mila chilometri orari, Dart aveva lo scopo di deviare l’orbita del suo bersaglio. Nessun allarme o Armageddon imminenti: lo scontro ebbe luogo a 12 milioni di chilometri dalle nostre teste, fu voluto e monitorato. Perché l’obbiettivo di Dart, acronimo di “Double Asteroid Redirection Test”, era verificare la validità e l’efficacia di un impattatore cinetico, la tecnica con cui si ritiene possibile cambiare la traiettoria di un corpo potenzialmente pericoloso colpendolo con un oggetto lanciato apposta. Cioè una delle strategie con cui si pensa di difendere il nostro Pianeta in caso l’orbita di un asteroide renda plausibile una collisione.
Il sistema binario Didymos (65803 Didymos, per onor di precisione) fu scelto come bersaglio perché colpendone la “piccola luna”, Dimorphos appunto, che aveva un diametro di circa 160 metri, sarebbe stato possibile misurarne le eventuali variazioni dell’orbita attorno al corpo primario, Didymos, largo circa 780 metri. Per fare da testimone oculare dell’impatto e soprattutto permetterne l’analisi delle conseguenze, poco prima della collisione Dart si separò dal suo compagno di viaggio, vale a dire proprio LiciaCube, un minisatellite dell’Asi capace di avvicinarsi fino a 51 chilometri a Dimorphos per inquadrarne da una posizione sicura la cosiddetta plume – l’espulsione di materiali causata dall’”incidente cosmico”.
Proprio grazie al piccolo satellite italiano e ai dati raccolti da telescopi terrestri, l’11 ottobre venne reso pubblico il pieno successo di Dart: il colpo e la parziale perdita di materiale inferti dalla sonda statunitense a Dimorphos restrinsero la sua traiettoria di decine di metri, riducendo il tempo orbitale intorno a Dydimos di circa 32 minuti. Un risultato che superò di 25 volte la soglia minima di successo della missione.
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di Emilio Cozzi www.wired.it 2023-08-09 12:30:19 ,