Con un’altezza di circa 1800 metri, le West Maui Mountains sono un elemento tipico e spettacolare dell’isola di Maui, nelle Hawaii con cime che si stagliano contro il cielo e acque azzurre scintillanti. L’8 agosto, purtroppo, queste montagne si sono trasformate in luogo di morte, contribuendo a scatenare l’inferno nella città di Lahaina. Il vento si è riversato dalle montagne come una valanga, accelerando fino a generare raffiche di quasi cento chilometri orari che diventavano sempre più secche man mano che scendevano. I venti hanno risucchiato l’umidità residua nella vegetazione già inaridita, trasformando il paesaggio in combustibile per le fiamme. A quel punto è bastata una scintilla. “Con venti a cento chilometri orari non si può fermare nessun incendio – commenta laconicamente Jack Minassian, coordinatore del programma di ricerca sugli incendi presso l’Hawaii Community College –. L’incendio si è fermato solo quando ha raggiunto l’oceano e ha esaurito il combustibile. L’unica cosa che si può fare quando ci sono venti a cento chilometri orari è mettere in salvo le persone”.
In molti hanno perso la vita: il bilancio delle vittime è di 115 persone, con 850 dispersi. I tremendi incendi che si sono verificati negli ultimi anni negli Stati Uniti continentali – come quello che ha distrutto la città di Paradise in California uccidendo 85 persone o quello che ha devastato Santa Rosa, provocando 22 vittime – ora sono un problema che riguarda anche le Hawaii. Sebbene non esista un’unica ragione per cui la situazione legata agli incendi sia diventata così grave, un denominatore comune è il vento. Tra tutti i fattori che determinano questo tipo di incendi, è anche quello su cui l’uomo ha meno potere. Molto prima che si sollevassero le raffiche di vento dell’8 agosto, le piante invasive avevano preparato il paesaggio di Maui alle fiamme. I colonizzatori europei le portarono con loro quando iniziarono a coltivare piantagioni sulle isole hawaiane. Da allora queste sterpaglie si sono diffuse senza controllo, fino a ricoprire un quarto dello stato: crescono nelle piantagioni abbandonate, lungo i bordi delle strade, tra le case. Si sviluppano rapidamente durante la stagione delle piogge e appassiscono altrettanto velocemente durante quella secca, che è in corso in questo momento a Maui.
Fattore vento
Il cambiamento climatico sta contribuendo a potenziare gli incendi provocati dal vento. In generale, più l’atmosfera è calda, più umidità è in grado di trattenere e rimuovere dalla vegetazione che funge così da combustibile per le fiamme. Anche se gli scienziati stanno ancora cercando per capire esattamente quanto la crisi climatica abbia contribuito all’incendio che ha distrutto Lahaina, è chiaro che si tratta di un fattore fondamentale: in un pianeta più caldo, la siccità diventa più comune e intensa. Tra il 1920 e il 2012, oltre il 90% delle Hawaii ha registrato una tendenza all’inaridimento. L’erba intorno a Lahaina, quindi, era già pronta a bruciare e, nel giro di poche ore, i venti secchi hanno fatto evaporare la poca umidità rimasta: in pratica è come lasciare i capelli all’aria per un po’ e poi asciugarli di nuovo con il phon. La stessa dinamica è in atto anche negli incendi sempre più catastrofici in California: un paesaggio già arido può diventarlo ancora di più a causa dei venti che scendono dalle montagne della Sierra Nevada.
Sebbene la fonte di innesco dell’incendio di Lahaina sia ancora oggetto di indagine, l’infrastruttura elettrica è la principale indiziata. Quando i venti si alzano, fanno oscillare i cavi provocando scintille tra i combustibili. È questo che ha causato gli incendi di Paradise e Santa Rorsa, oltre a molti altri negli ultimi anni. Le raffiche di vento violente non solo trascinano con sé le fiamme, ma contribuiscono anche a innescare nuovi incendi. I vigili del fuoco degli Stati Uniti continentali sono regolarmente alle prese con tizzoni trasportati a chilometri di distanza dall’incendio principale, che ne innesca a sua volta altri. È possibile che la stessa cosa sia accaduta anche a Lahaina, rendendo impossibile spegnere tutti i nuovi incendi: “Probabilmente è così si scatena la maggior parte degli incendi, a causa dell’accumulo di tizzoni. Lo si può vedere in molte immagini che li mostrano dappertutto”, osserva Minassian.
Tempesta perfetta
È estremamente difficile prevedere dove il vento potrebbero provocare un incendio, dal momento che si tratta di un fenomeno complesso: le raffiche, per esempio, si muovono in modo diverso sulle praterie rispetto alle aree boschive, dove scorrono tra gli alberi. Spiega Tirtha Banerjee, studioso dell’atmosfera della UC Irvine, che indaga come il vento influenza gli incendi: “Come si incanala il vento nello spazio tra due alberi? Che ci crediate o no, questo conta molto e ha un impatto sul modo in cui il fuoco brucia”. Una volta raggiunta Lahaina, questi venti hanno serpeggiato tra gli edifici, confondendo ulteriormente le previsioni su dove l’incendio si sarebbe diffuso. Il cambiamento climatico sta chiaramente peggiorando gli incendi alzando le temperature e accentuando la siccità, e gli scienziati stanno ora cercando di capire come potrebbe modificare il modo in cui soffiano i venti. Secondo Banerjee,“le previsioni dei venti locali sono più incerte perché le variazioni su piccola scala sulla superficie del terreno possono cambiare i modelli in modo consistente. I terreni montuosi creano un piccolo ricircolo locale che può effettivamente rendere gli incendi più imprevedibili”.
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di Matt Simon www.wired.it 2023-08-27 04:10:00 ,