Si parte dalla fine, da un Leonard ormai anziano che ripercorre la sua vita e dichiara la nostalgia per l’amore della sua vita Felicia Montealegre. Attraverso un lungo flashback in bianco e nero scopriamo chi fosse Leonard da giovane (ode a un make-up di assoluto livello), come sia diventato un direttore d’orchestra, pianista e compositore famoso in tutto il mondo, perché si sia innamorato proprio di Felicia, interpretata in maniera sublime da Carrey Mulligan. Quest’ultima, neanche a dirlo, si conferma l’interprete sensazionale che conosciamo, offre una delle sue performance migliori nei panni prima lievi e spensierati di una giovane attrice alle prese con l’innamoramento, poi di una moglie frustrata dalla doppia vita di suo marito, una bisessualità che Cooper racconta apertamente con il giusto garbo e senza ombra di moralismi, infine di una donna devastata dalla malattia.
Bradley Cooper non teme trappole narrative, incede con convinzione e mano ferma sia a livello registico che attoriale, firmando un film delicato, soave, poetico, romantico, difficile da dimenticare. Riesce a raccontare il sogno di un ragazzo dal talento eccezionale e la sua tendenza a non essere “una cosa sola”, tanto a livello creativo quanto esistenziale. Bernstein raccontato da Cooper ci insegna che si può amare la musica d’orchestra come i grandi musical popolari (su tutti, il suo West Side Story), si può stare accanto a una donna tutta la vita e non perdere la voglia di ritrovarsi tra braccia maschili, nel tentativo goffo di voler essere semplicemente se stessi. E tutto questo Cooper sa raccontarlo con intelligenza, evitando ogni superficialità e planando sulle cose vere della vita, fino a regalarci un film emozionante che dice chiaramente a chi guarda, con le parole di Mulligan, che “se non canta nulla dentro di te non puoi fare musica”.
Se la regia e le performance del cast (merita la citazione anche Maya Hawke nei panni della figlia maggiore di Bernstein) non fossero convincenti come sono, bisognerebbe chiudere gli occhi e lasciarsi rapire dalle musiche del film, tutte rigorosamente di Leonard Bernstein. Non ne abusa Cooper, ne fa semmai buon uso, regalandoci delle sequenze memorabili e dei titoli di coda per cui vale la pena rimanere seduti ad ascoltare a fine film. Anche per vedere un ricordo del vero Bernstein in azione.
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di Claudia Catalli www.wired.it 2023-09-02 20:44:25 ,