Sarebbe stato identificato grazie al ritrovamento di alcune tracce di Dna sugli indumenti di una vittima l’uomo arrestato con l’accusa di aver aggredito almeno quattro donne a Reggio Emilia tra il 23 marzo e il 27 aprile. Secondo le testimonianze, sembra che prima le avvicinasse con scuse banali e poi le molestasse sessualmente.
Immagine di repertorio
Sarebbero state alcune tracce di Dna, ritrovate sugli indumenti di una delle vittime, a incastrare il presunto violentatore sessuale seriale arrestato in Francia questa mattina. L’uomo, un 33enne marocchino – regolare sul territorio e domiciliato nel Reggiano – sarebbe il responsabile di quattro episodi ravvicinati avvenuti a Reggio Emilia tra il 23 marzo e il 27 aprile, nella camminata denominata ‘Lungo Crostolo’ e in particolare al Parco delle Caprette. Sull’arrestato pendeva un mandato di cattura internazionale.
Nelle loro testimonianze i morti hanno sempre parlato di un uomo che, dopo averle avvicinate con scuse varie e banali, come chiedere l’orario, cambiava volto e modi in poco tempo. Prima rivolgeva alle vittime frasi e parole a sfondo sessuale e infine passava all’aggressione fisica con palpeggiamenti nelle parti intime che si interrompevano solo con l’arrivo dei altri passanti.
Precedenti violenze anche in Francia e in Germania
Secondo quanto ricostruito, il giovane sarebbe già stato arrestato nel luglio 2022, sempre per reati legati all’ambito sessuale a Villeneuve-lès-Maguelone, vicino a Montpellier, nella regione dell’Occitania, in Francia. E in passato era stato sospettato anche di un’altra violenza sessuale, questa avvenuta in Germania, nei pressi di Stoccarda.
Sono in corso le procedure necessarie per ottenere l’estradizione dell’indagato. A rendere possibile l’identificazione sono stati gli uomini della Squadra Mobile della Questura di Reggio Emilia, diretta dal dirigente Guglielmo Battisti, col supporto della Polizia francese e tedesca con le quali è avvenuto un importante scambio di informazioni.
Come sono state condotte le indagini
Gli agenti reggiani – un gruppo di lavoro di 13 uomini e donne che si sono occupati esclusivamente all’indagine – avevano in mano un identikit molto dettagliato descritto dalle vittime, ma anche alcuni album di fotografie scattate grazie a servizi di appostamento. A questi si sono aggiunte anche immagini delle telecamere di videosorveglianza e i tabulati con gli agganci delle celle telefoniche nei luoghi dove si sono consumate le violenze. L’inchiesta è stata illustrata stamattina in conferenza stampa alla presenza del questore di Reggio Emilia, Giuseppe Maggese e del procuratore capo Calogero Gaetano Paci.
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di Eleonora Panseri
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2023-09-12 18:31:09 ,