Durante la seconda edizione di TechChill Milano, evento internazionale dedicato alle startup, Claudio Spadacini, ideatore di Energy Dome, – la startup italiana che sfrutta la CO2 per catturare in batterie l’energia solare ed eolica – ha annunciato che la sua azienda ha in programma la costruzione di sei nuovi impianti entro la fine del 2024, con un valore di 40 milioni di dollari ciascuno.
Le nuove strutture andranno ad aggiungersi all’impianto dimostrativo già operativo a Nuoro, in Sardegna. Questa fase di espansione è supportata da 54 milioni di euro raccolti dall’azienda nell’ultimo round di investimenti conclusosi il mese scorso che comprende finanziamenti ottenuti da investitori come Eni Next, Neva Sgr, Innovation Development Oman Investments, Vopak Ventures e altri. I fondi ottenuti grazie a questo nuovo giro di finanziamenti saranno utilizzati per entrare nella fase commerciale, spiegano da Energy Dome. Fra i mercati ai quali la stratup guarda adesso, oltre all’Europa, c’è quello degli Stati Uniti. Ma Spadacini, dal palco della Bocconi, ha precisato che “l’azienda sta cercando di stabilire la propria presenza anche in mercati chiave come il Cile, il Sud America e l’area del Golfo”.
La tecnologia
La verità è che questa startup non è già più startup. “Non siamo una società emergente, abbiamo un prodotto che è pronto per il mercato – ci tiene a dire Spadacini -. Il punto di forza principale del nostro prodotto è che si tratta di un processo completamente nuovo, ma che utilizza componenti disponibili sul mercato”.
Questo si traduce in un significativo risparmio di costi poiché l’azienda può sfruttare la catena di approvvigionamento già esistente, acquistando i componenti necessari come compressori e scambiatori di calore senza dover investire ingenti somme in nuove fabbriche. Inoltre, la tecnologia di Energy Dome non dipende da materiali o ambienti specifici come per le batterie a litio, evitando così la vulnerabilità legata a paesi geopoliticamente instabili che potrebbero cambiare le loro politiche da un giorno all’altro.
Gli investimenti
“All’inizio è stato difficile – ammette l’amministratore delegato, quando parla della storia finanziaria della sua azienda, – perché inItalia è difficile ottenere capitali per sviluppare una tecnologia avanzata come la nostra”. Il percorso finanziario di Energy Dome, infatti, ha seguito una strada tortuosa. “Ho iniziato a raccogliere fondi da parenti, amici e investitori che avevano fiducia in me”, dice Spadacini. Successivamente, racconta, hanno completato una fase di finanziamento iniziale, seguita da una seconda tranche di investimenti. Tuttavia, nonostante i tentativi di espandersi nel mercato statunitense attraverso un programma di accelerazione, l’azienda ha trovato difficoltà a raccogliere i capitali necessari, principalmente a causa della reticenza degli statunitensi verso un’azienda italiana priva di supporto istituzionale.
In seguito, però, l’azienda ha avviato discussioni con 360 Capital (società di venture capital con sede a Milano), che ha accettato di guidare il round di finanziamento Serie A, aprendo nuove opportunità di sviluppo. In seguito, l’azienda ha ottenuto supporto finanziario da parte di Cdp (Cassa depositi e prestiti) oltre che da altri investitori privati, consolidando la sua posizione agli occhi dei fondi esteri. E infatti questi risultati hanno accresciuto la credibilità di Energy Dome a livello internazionale portandoli alla firma di un contratto da 40 milioni di dollari con Lion Energy, una delle principali utility negli Stati Uniti e ottenendo una sovvenzione di 30 milioni di dollari dal dipartimento dell’energia degli Stati Uniti. Attualmente, l’azienda si trova in una fase di rapida crescita e sta cercando di espandere ulteriormente il suo team, reclutando nuove risorse, di tipo più manageriale, per sostenere il suo sviluppo internazionale.
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di Riccardo Piccolo www.wired.it 2023-10-01 15:30:00 ,