Dasiyah spicca in ogni scena che la ospita, sempre vestita con abiti tradizionali, i capelli raccolti, l’andamento fiero e la classe da eroina di un monumentale sceneggiato. Quella della sua storia d’amore non soffoca le altre linee narrative: nel passato, l’ascesa delle Djagad Raya Clove – diventate le kretek numero uno in Indonesia – procede in simultanea con lo sviluppo di un paese sulla via dell’emancipazione dal colonialismo occidentale; nel presente, le lotte di Dasiyah e del suo popolo permettono ad Arum e alle sue contemporanee di vivere in un paese civilizzato e aperto nei confronti dell’indipendenza femmimile. La trama è intrigante e movimentata, narrata con sensibilità dalle registe Kamila Andini e Ifa Isfansyah. Il suo punto di forza è la messa in scena – ancora più esotica per il pubblico occidentale – elegante, vibrante ed evocativa. Sembra quasi di sentire il profumo dei petali di rosa e delle erbe con cui la protagonista sperimenta per ottenere inedite essenze da infondere nelle kretek che conquisteranno il gusto dei connazionali.
Il salto da un periodo temporale all’altro enfatizza ulteriormente le differenti condizioni di Dasiyah e Arum. La prima, in particolare – donna in affari brillante, carismatica e provvista di un’aura distintiva – è il personaggio che più vivacemente e naturalmente prende vita sullo schermo. I cinque episodi non sono mai noiosi anche quando la narrazione rallenta, per poi accelerare alla fine. Con essa arriva il momento della rivelazione, dei misteri svelati e della verità, dei colpi di scena e dei sentimenti forti, che fanno assumere alla serie maggiormente i toni del melodramma. Ancora una volta possiamo reputarci fortunati di non aver trascorso la nostra vita di cinefili e seriedipendenti circoscrivendola alle produzioni americane che avevano fagocitato il mercato mainstream prima dell’avvento dello streaming.
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di Lorenza Negri www.wired.it 2023-11-02 15:18:27 ,