Cresce ancora il mercato dei data broker – le aziende che raccolgono e vendono dati a società di terze parti. Secondo una recente ricerca della Duke University, infatti, negli Stati Uniti i broker stanno vendendo per pochi centesimi le informazioni personali di membri delle forze armate in servizio, di veterani e delle loro famiglie. Una prepotente violazione della privacy dei militari, ma anche un vero e proprio problema per la sicurezza nazionale, considerando che le aziende stanno vendendo dati sensibili a individui non ben identificati di altri paesi, che potrebbero rivelarsi criminali e/o malintenzionati.
Si tratta di “un’industria multimiliardaria che raccoglie e vende dati praticamente su tutti gli americani e, ovviamente, include membri delle forze armate e le loro famiglie”, come ha commentato Justin Sherman della Duke University. Nel corso di un anno, infatti, i ricercatori sono entrati in contatto con 12 data broker e hanno acquistato dati di decine di migliaia di membri del servizio militare a un prezzo compreso tra 0,12 e 0,32 dollari a persona. Questi includevano informazioni personali come nome, indirizzo di residenza/domicilio, contatto e-mail, età, genere, reddito, stato civile e via dicendo. Quello che ha stupito i ricercatori, però, è stata la tranquillità con cui i broker hanno portato a termine la vendita, senza preoccuparsi di indagare sull’identità degli acquirenti o sull’uso finale che avrebbero fatto di queste informazioni. Questo atteggiamento, infatti, potrebbe permettere ad attori malintenzionati di prendere di mira i militari, i veterani e le loro rispettive famiglie con ricatti, attacchi e altro ancora.
Una situazione difficile da affrontare, che potrebbe avere un epilogo catastrofico considerando che l’intermediazione dei dati è un’attività alquanto oscura negli Stati Uniti, dove non esiste una regolamentazione vera e propria per l’attività dei data broker. “Alla fine è una questione del Congresso – ha dichiarato Barton -. Si tratta di un problema sistemico e la soluzione è che il Congresso approvi una legislazione per questo problema e finanzi effettivamente i regolatori come la FTC per attuarne l’applicazione”. Se questo accadrà mai, però, non possiamo saperlo.
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di Chiara Crescenzi www.wired.it 2023-11-07 11:11:22 ,