C’è già chi lo definisce un grande, immenso intranet. Ma presto l’internet in Cina potrebbe diventare uno spazio ancora più controllato. O, almeno, questa è la sensazione derivante da due episodi delle ultime settimane. Il primo: un programmatore della Cina settentrionale è stato condannato a pagare più di 1 milione di yuan (circa 128 mila euro) alle autorità per aver utilizzato una rete privata virtuale (Vpn). Si tratta della più severa sanzione pecuniaria individuale mai emessa per aver aggirato quella che è stata ribattezzata Grande muraglia digitale. L’uomo ha ricevuto una notifica di sanzione dall’ufficio di pubblica sicurezza di Chengde, una città della provincia dello Hebei.
A chiunque sia capitato di trascorrere un certo periodo di tempo in Cina utilizzando una sim locale per navigare in rete lo sa: le Vpn sono l’unico strumento possibile per aggirare la Great Firewall e accedere a una serie di siti e applicazioni bloccati in Cina. Nonostante non sia ufficialmente consentito il loro utilizzo, non accade sovente che le autorità cinesi comminino grandi multe e sanzioni agli utenti cinesi.
Anche perché c’è da tenere presente che, seppure possa sembrare strano a un osservatore occidentale abituato a utilizzare Google, Facebook o X, in Cina esiste un altro ecosistema digitale persino più sofisticato di quello a cui si è abituati altrove. E non tutti, anzi in pochi, sentono la mancanza di quello che si può trovare al di fuori della Great Firewall. Anche per questo il governo non ha mai bloccato del tutto il loro utilizzo e ha spesso evitato di punirne l’utilizzo. Anche se già nel 2021 il massimo organo di controllo del cyberspazio cinese ha redatto un nuovo regolamento che prevedeva punizioni più severe per individui e istituzioni attive nell’aiutare gli utenti a bypassare il Grande Firewall. Una mossa che aveva destato qualche preoccupazione alle imprese internazionali, anche se poi la sua applicazione era rimasta sin qui piuttosto morbida.
Che cosa c’è dietro la maxi multa sull’uso della Vpn
La maxi multa comminata al programmatore di Chengde è stata accompagnata dalla specifica che l’uomo ha usato “canali non autorizzati” per connettersi a reti internazionali per lavorare per una società turca. La polizia ha confiscato gli 1,058 milioni di yuan (120.651 sterline) che l’uomo aveva guadagnato come sviluppatore di software tra il settembre 2019 e il novembre 2022, definendoli “reddito illegale”. Il Guardian suggerisce che in realtà dietro l’iniziativa sanzionatoria possa esserci il desiderio dei governi locali di rimpinguare le casse sempre più vuote e spesso esposte alla crisi del settore immobiliare. Un problema serio, quello del cosiddetto “debito nascosto” delle province.
Il programmatore ha dichiarato a China digital times che la polizia avrebbe sequestrato il suo telefono, il suo computer portatile e diversi dischi rigidi dopo aver appreso che lavorava per una società estera, trattenendoli per un mese. In seguito gli sarebbe stato chiesto di fornire dettagli sul suo lavoro, le sue coordinate bancarie, il suo contratto di lavoro e altre informazioni, prima che gli venisse comminata la sanzione, contro cui si è appellato. Lui si difende dicendo che ha utilizzato costantemente Vpn solo per accedere a Zoom per motivi di lavoro ma che per la maggior parte del tempo non ha bisogno di aggirare il Great Firewall.
L’identità degli influencer e creator diventa pubblica sui social cinesi
La seconda novità in materia di Rete è più ampia perché abbraccia la sfera normativa. Le principali piattaforme di social media cinesi, tra cui Weibo, WeChat, Douyin e Kuaishou, hanno infatti imposto ad alcuni dei loro più popolari influencer di mostrare la loro vera identità. Il tutto poche settimane dopo che si era diffusa la voce secondo cui il governo stava per emanare una nuova normativa su internet che richiederà alle piattaforme di social media di mostrare i nomi reali di influencer, commentatori e altri account di self media con oltre un milione di follower. Gli utenti non autorizzati, non verificati o sanzionati non possono vedere i nomi reali visualizzati, hanno provato a rassicurare le società digitali.
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di Lorenzo Lamperti www.wired.it 2023-11-12 06:00:00 ,