BERLINO — Poco dopo le dieci di sabato sera una Punto nera è ferma sulla corsia di emergenza della A9 in direzione Monaco, una delle principali autostrade tedesche. Quando un automobilista passa di lì, chiama immediatamente la polizia — ma solo per denunciare il fatto che quell’auto “è pericolosa”, così al buio, con i fari spenti. In Germania gli anabbaglianti devono sempre essere accesi, in autostrada. E l’uomo chiama il numero d’emergenza per teutonico dovere civico, per segnalare un’irregolarità. Non immagina lontanamente che in quella Punto si nasconda il latitante più ricercato d’Italia, Filippo Turetta, in fuga da sette giorni, accusato di aver massacrato la sua ex Giulia Cecchettin con più di venti coltellate e di averla gettata in un burrone.
Quando arriva la volante della polizia della Sassonia-Anhalt, la verifica dei documenti e la targa della Punto nera non lasciano spazio a dubbi. È l’uomo segnalato dall’Interpol, è il latitante italiano in fuga. Gli agenti hanno trovato Turetta in piedi accanto all’auto, quando lo arrestano non oppone alcuna resistenza, come racconta una portavoce a Repubblica . È «stanco, devastato», ha finito i soldi, secondo una fonte legale, si è arenato lì, nei pressi di Naumburg, perché è rimasto senza benzina. Le ultime tracce risalgono a una settimana fa, agli avvistamenti in Austria, a Lienz e in Carinzia, ma ad oggi, dopo i mille chilometri in fuga, non è chiaro se abbia avuto complici, se abbia dormito in macchina, com’è plausibile.
Certo è che se si fosse fermato in un albergo sarebbe scattato immediatamente l’allarme. Il fermo del 22enne viene confermato dopo pochissime ore, la polizia della Sassonia-Anhalt lo porta rapidamente davanti al giudice già ieri pomeriggio: «Siamo in costante contatto con la polizia italiana», spiega la portavoce della polizia di Halle, «e vogliamo fare in modo che i tempi siano brevi per il suo ritorno in Italia. Stiamo facendo il massimo per ridurre al minimo la burocrazia».
Nella serata di ieri, in effetti, dopo che il suo arresto è stato rapidamente convalidato dal giudice, Turetta viene trasferito nel carcere di Halle. Nelle prossime ore, o al massimo nel giro dei prossimi due giorni, sarà il Tribunale di Naumburg a determinare i tempi per l’estradizione. Tuttavia, secondo quanto sostenuto da una fonte legale, non è detto che si riesca a riportarlo in Italia entro le 48 ore annunciate ieri dal ministro degli Esteri Antonio Tajani. Il capo della diplomazia italiana ha detto che «le donne vanno amate e rispettate» e che il 22enne latitante è stato catturato «grazie alla collaborazione tra le nostre forze dell’ordine e quelle tedesche. Credo che nel giro di 48 ore sarà in Italia per essere processato ».
Ma i tempi, anche a causa delle procedure burocratiche, rischiano di allungarsi nonostante la buona volontà e il gran lavoro delle autorità tedesche e italiane. Secondo fonti vicine al dossier, l’avvocato d’ordinanza che gli è stato assegnato, Dimitar Krassa, avrebbe detto ieri che «ci potrebbero volere addirittura 15 giorni».
La buona notizia è che Turetta «non si è opposto all’estradizione », e lo avrebbe comunicato ufficialmente a Krassa. Se si fosse opposto, il processo per estradarlo si sarebbe potuto allungare fino a 60 giorni. In ogni caso è chiaro che tra le autorità italiane e tedesche c’è totale concordanza sull’opportunità di accorciare i tempi. Ma la palla da ieri sera è in mano ai giudici della Sassonia-Anhalt. Con il suo avvocato tedesco, il 22enne avrebbe solo manifestato «una grande spossatezza» ma i due non avrebbero parlato dell’omicidio di Giulia Cecchettin. Ci penseranno i giudici italiani a fargli dire la verità.
[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2023-11-20 08:40:11 ,www.repubblica.it