Il titolo è stato realizzato da Kumi Souls Games, un piccolo studio indie con sede a Londra, fondato però da due italiani, i fratelli Riccardo e Duilio Guglielmino. La volontà di aprire lo studio proprio a Londra dipende in realtà dalle scelte di vita di Riccardo, che vive nella capitale inglese da più di 10 anni, come ci ha lui stesso spiegato, ma la cosa interessante è che Kumi Souls Games è una software house figlia dei tempi moderni e composta da professionisti provenienti da tutto il mondo (tra cui anche molti italiani) che lavorano completamente in remoto.
L’idea di The Last Faith è nata nel 2017, dopo che Riccardo e Duilio fecero uscire il loro primo gioco per smartphone, chiamato Ninja Knight. Come accade spesso in questi casi, il progetto è nato dalla pura passione dei due fratelli per il genere soulslike. Facendo delle ricerche, essi videro che all’epoca molti chiedevano un ritorno di Castlevania e che, tolto Bloodborne, in generale erano davvero pochi i titoli con delle atmosfere horror gotiche mescolate a un pizzico di Lovecraft. Così nacque l’idea di unire le meccaniche di un soulslike a quelle di un metroidvania in 2D, aggiungendone anche alcune più action in stile Devil May Cry.
Nel 2018 iniziò lo sviluppo del gioco e nel 2020 arrivò la campagna Kickstarter, che venne finanziata con grande successo, superando la cifra prefissata come obiettivo del 466%, prova del fatto che la loro idea aveva colpito nel segno. Nonostante il 2023 sia un anno molto competitivo nel mondo videoludico, The Last Faith sta coinvolgendo tanti appassionati di questa tipologia di giochi, diventando uno degli esponenti dei soulslike in 2D più amati, nonostante ormai la concorrenza sia notevole anche in questo sottogenere, con titoli di alta qualità come Blasphemous.
Il settore videoludico inglese, dove è nato il progetto di Kumi Souls Games, è sicuramente tra i più avanzati d’Europa e gode di molte agevolazioni, che invece non esistono in paesi come il nostro. Eppure, la realizzazione di questo indie dimostra come i videogiochi siano sempre più prodotti che non impongono confini di nazionalità, sia per gli sviluppatori coinvolti che per il pubblico a cui sono destinati. Non esistono infatti videogiochi rivolti al pubblico di una singola nazione, come avviene invece nel cinema o con i libri.
I videogiochi sono ormai il primo vero medium totalmente internazionale, in grado anche di valorizzare l’influenza di più culture diverse in un singolo progetto. Per questo motivo, l’unica cosa che una nazione dovrebbe fare è rendere il suo territorio un ambiente favorevole per lo sviluppo, in modo che le idee nate in un paese possano essere accolte in tutto il mondo, senza alcuna difficoltà, se non quelle presentate dalla creazione del videogioco in sé.
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di Silvio Mazzitelli www.wired.it 2023-12-09 05:20:00 ,