CORTINA D’AMPEZZO – Anche il cafonismo, passo dopo passo, conquista tenacemente la sua vetta. Territorio estremo del contagio, quale neo giacimento dell’overtourism d’oro, le Dolomiti. L’ultimo exploit, nella culla storica dell’esibizionismo bianco: Cortina D’Ampezzo, decisa a celebrare i quarant’anni di “Vacanze di Natale” come “capolavoro e film-manifesto del successo nazionale” anni Ottanta.
Lo squalo di luce
Enrico Vanzina declinò in parodia il cattivo gusto di massa, spia di una crisi. Quella finzione oggi si conferma invece realtà. Ponte dell’Immacolata sulla neve, pochi giorni fa: all’improvviso un raggio laser squarcia il tramonto e disegna uno squalo, icona di un noto marchio d’abbigliamento sportivo, contro la parete della Torre Grande. E’ la più alta delle Cinque Torri, a quota 2.255 metri. L’accecante pubblicità su roccia parte dalla terrazza del mitico rifugio Scoiattoli, fondato dalla guida alpina Lorenzo Lorenzi. Per tutta la stagione della neve il brand sarà sponsor dello chalet e dello Sci Club Cortina. Lo squalo di luce, come una cometa, rischiara la conca.
La protesta in rete
I social insorgono in diretta, qualcuno chiama incredulo dal centro del paese: “Siete impazziti?”. Subito il pesce si spegne e i Monti tornano Pallidi. Troppo tardi per scongiurare la pubblica indignazione, questa volta non circoscritta a intellettuali radical chic, montanari e amanti della natura. In rete ora è rivolta contro “sfruttamento privato dell’ambiente”, “inquinamento luminoso” e “rapacità camuffata da maleducazione”. “Esagerati – risponde il gestore Guido Lorenzi, figlio del inventore e travolto adesso dagli hater – non abbiamo mica demolito le Dolomiti. Il laser è rimasto acceso dalle 17 alle 17.05: era una prova, non è piaciuta né a me né allo sponsor, non si ripeterà”. Al sindaco, come prevede la legge, non era arrivata alcuna richiesta di autorizzazione, da concedere in deroga. “Sono caduto dalle nuvole – dice Gianluca Lorenzi – mai visto nulla di simile: se mi avessero chiesto il permesso avrei dovuto prima parlarne in giunta e qualche ragionamento si sarebbe fatto”.
Il marchio del pescecane però, spento il laser, non nuota via dalla valle. “Paul&Shark – conferma lo slogan – takes Cortina”. E spiega: “Qui tutto si vestirà di squali: l’intera città diviene il vivace palcoscenico di questo story telling, trasformandosi in un microcosmo esclusivo. E dalla terrazza del rifugio si ammirerà il tramonto attraverso una suggestiva installazione a forma di maschera da sci blu con squali bianchi”.
Un ‘putiferio sospetto’
Alessandro Gogna, alpinista, inventore di Mountain Wilderness e di un seguitissimo blog, è lapidario: “Operazione squallida – dice – sempre di più si riduce la natura a sfondo per affari privati e meschinità, privandola di ogni fascino”. Per Guido Lorenzi però “il putiferio è sospetto”. “Le lamentele – dice – in vista delle Olimpiadi invernali si moltiplicano in modo eccessivo. C’è una Cortina che vuole guardare al futuro con rinnovato ottimismo: tornare indietro, o stare al palo per contestare ogni iniziativa, non è possibile”. I Giochi, già nella bufera per l’infinito psicodramma sulla pista da bob, alzano tensione e appetito. Il marchio del pescecane aggrappato alle Cinque Torri appartiene infatti al cognato di Attilio Fontana, governatore leghista della Lombardia, motore di Milano-Cortina 2026. E negli stessi minuti in cui il suo marketing rischiarava le Tofane, la ministra del Turismo Daniela Santanchè inaugurava con 200 ospiti di politica, finanza, economia, sport e spettacolo, il nuovo ristorante cortinese rilevato assieme a Flavio Briatore e al compagno Dimitri Kunz, principe d’Asburgo e Lorena. Prima richiesta, la vecchia promessa della ministra meloniana: “Qui serve subito – intima Briatore – un aeroporto. Non è possibile investire su Cortina e poi fare la coda in auto. Va bene anche nelle vicinanze, a Dobbiaco per esempio”.
Messner: “Spero che gli ampezzani si oppongano”
A insorgere, in queste ore, i sindaci sudtirolesi della Val Pusteria. “Sopra Cortina – la risposta del re degli Ottomila, Reinhold Messner – io ho aperto uno dei miei musei sulla montagna, dedicato alla geologia. Non accetto la visione metropolitana della natura. E’ incredibile che la legge permetta di illuminare a fini pubblicitari cime che appartengono a tutti: spero che gli ampezzani si oppongano, che si accontentino della luce della luna e delle stelle”.
Le Dolomiti muoiono di tossicità culturale
L’attacco di squali e cafoni alla montagna è però tutt’altro che isolato. La guida alpina Fabio Giongo ha fotografato la scritta “Fuck Meloni” verniciata in nero sulla roccia in cima alla ferrata del Catinaccio D’Antermoia. Carlo Budel, anima del rifugio in vetta alla Marmolada, denuncia come gli escursionisti non chiudano la porta del bivacco invernale, rendendolo pericolosamente inagibile. A Madonna di Campiglio hanno dovuto smontare una mostra di fotografie, allestita all’aperto nel bosco, perché qualcuno ha rubato lo scatto sul Crozzon di Brenta. Sulle Alpi cumuli di rifiuti vengono infilati nei crepacci che si aprono dentro i ghiacciai sciolti dal surriscaldamento. “Polemiche e abusi – dice Gogna – insulti, speculazioni e villanie: le Dolomiti ormai non muoiono di inquinamento ambientale, ma di tossicità culturale”.
[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2023-12-14 18:13:12 ,www.repubblica.it