Laddove gli americani hanno fallito dieci giorni fa, i giapponesi sono riusciti oggi. Con un grande passo per il sol levante, la navicella Slim si è appoggiata sul suolo della Luna. Per ora si sa che l’atterraggio è stato morbido e che il lander (cioè il modulo destinato a toccare la superficie) è arrivato tutto intero. Ha fatto arrivare a Terra la sua voce, ma sta facendo preoccupare gli ingegneri perché i suoi pannelli solari non stanno generando energia.
Proprio ieri sera la navicella americana Peregrine, lanciata l’8 gennaio, aveva fatto ritorno verso la Terra dopo aver fallito l’obiettivo. Una fuga di carburante scoperta subito dopo il lancio ne ha azzoppato le ambizioni ed è bruciata nell’atmosfera lasciando un senso di fallimento nel programma spaziale degli Stati Uniti.
Tutt’altra emozione si respira in Giappone: il quinto paese a toccare il suolo lunare almeno con una sonda (Slim non ha astronauti) dopo Stati Uniti, Unione Sovietica, Cina e India (ultima arrivata lo scorso agosto).
Anziché affidarsi ad aziende private come Peregrine, Slim (Smart Lander for Investigating Moon) è stata costruita dall’Agenzia spaziale di Tokyo, la Jaxa, anche se uno dei suoi robot è stato in realtà creato da una ditta di giocattoli. Un lander costruito da un’azienda privata giapponese aveva fallito l’allunaggio, schiantandosi al suolo, ad aprile dell’anno scorso.
Stabilito che l’allunaggio morbido è avvenuto giovedì alle 16 e 20, alla Jaxa resta un dubbio importante da sciogliere. Slim infatti è capace (in teoria) di atterrare entro cento metri dal punto prefissato. Finora l’errore tollerato dagli altri lander era stato di una decina di chilometri.
Ci vorranno dei test ulteriori per capire se Slim ha davvero centrato il fondo del cratere verso il quale era diretta. Ma il Giappone sta studiando da almeno vent’anni la sua tecnologia per gli atterraggi di precisione. Nel 2014 un’altra missione della Jaxa era riuscita a poggiarsi su un asteroide chiamato Ryugu, non più lungo di 900 metri, riportando sulla Terra preziosi campioni di roccia.
Qui, nella depressione chiamata Shioli, vicino all’equatore e sul lato visibile del satellite, si ritiene che esistano risorse essenziali per una futura missione umana permanente, come acqua e minerali utili per la costruzione di una base abitata.
Anche la Nasa statunitense progetta un insediamento lunare. Ma il suo programma battezzato Artemis ha subito dei ritardi rispetto all’agenda originaria. Il prossimo uomo con la bandiera a stelle e strisce dovrebbe tornare a calpestare la polvere lunare nel 2026.
[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2024-01-19 17:27:49 ,www.repubblica.it