diRenato Franco
Intervista al comico: la storia con Valentina De Ceglie (che già chiama «mia moglie»), il rapporto con Francesco Mandelli («Dopo il successo dei Soliti Idioti per anni non ci siamo parlati. Poi ci siamo rivisti per uno spot, abbiamo pianto abbracciandoci»), la rinascita con Fiorello. «Ho un po’ di talento, ma ho avuto tanta fortuna»
Due colpi di fulmine: Valentina De Ceglie, la moglie, e Francesco Mandelli, l’altro idiota. La vita di Fabrizio Biggio ruota intorno a due persone con cui ha litigato ferocemente — è stato separato dalla moglie 3 anni e mezzo, dall’amico per 7 — e con le quali poi ha ritrovato l’idillio: «Gli stessi problemi che avevo con mia moglie li avevo con Francesco: ero io il problema, non loro. Ma lo capisci dopo. Mi ha aiutato l’analisi: quando cambi te stesso, cambi anche il mondo intorno a te».
Partiamo dall’inizio: mamma francese, papà pugliese.
«Sono nato a Firenze e cresciuto a Scandicci, ma ho imparato prima a parlare il francese e poi l’italiano. Mi chiamavano il francesino perché avevo una erre moscia tremenda, tanto che a un certo punto mi sono messo a fare esercizi allo specchio per cercare di eliminarla. E ci sono riuscito. Però da piccolo sono stato bullizzato dagli italiani perché ero francese e bullizzato dai francesi perché ero italiano».
Oggi si scoprono tutti bullizzati, pure lei?
«Giuro. Lì per lì non te ne rendi conto ma era così. Facevo parte di un gruppo di nerd sfigati e c’era un ragazzo che ogni volta che mi vedeva mi tirava 60 pugni sul braccio, un male cane».
La scuola?
«Brillante fino alle medie, ero il primo della classe. Al liceo classico ho avuto un crollo, pensavo già ad altro: lì ho incontrato Martino Ferro, il mio compagno di banco con cui abbiamo scritto anche I soliti Idioti. All’epoca ci piaceva scrivere e mettere in scena piccoli show che mandavamo con delle vhs alle reti locali».
Sognava già di fare l’attore?
«In realtà io volevo fare lo scenografo. Per diversi anni ho lavorato nei teatri come tecnico audio e video, ma soprattutto mi piaceva costruire: avevo preso da mio nonno che era ingegnere e in cantina aveva qualunque tipo di attrezzo. Passare da tecnico a scenografo però non è facile, e io ho fallito miseramente».
E come arrivò l’occasione da attore?
«Per caso. Il padre di Martino insegnava italiano e conduceva un programma in cui parlava di scuola su Canale 10, una rete locale toscana. Lui faceva la parte seria e mi affidò la parte più spigliata del programma».
Il programma era «La zanzara in classe».
«Era una specie di Striscia la notizia per le scuole, mi presentavo vestito da supereroe negli istituti dove toglievano la ricreazione ai ragazzi. Cose così. Alla fine il mio amico Martino mi convinse a mandare un best of del programma a Mtv. Mi chiamarono a fare un provino che andò malissimo, però li avevo fatti ridere anche se non era quello lo scopo».
L’hanno congedata con il classico «le faremo sapere»?
«Per due mesi silenzio di tomba e allora disegnai una striscia di vignette in cui raccontavo la mia storia, un ragazzo che aspettava una chiamata di Mtv che non arrivava mai. Alla fine mi presero».
Pure vignettista?
«Il mio primo lavoro è stato il fumettista per un rivista di caccia e pesca, 50 mila lire a vignetta. Le portai anche a Staino che mio padre conosceva, e lui fu sincero: guarda, lascia stare».
Non voleva fare l’attore eppure…
«La mia è una carriera piena di casualità, mi ha sempre aiutato l’entusiasmo degli altri. Sono un po’ remissivo, quando non mi capita niente non lotto, ma aspetto. Non ho la spinta a spaccare tutto, pur amando questo mestiere. Insomma un po’ di talento ce l’ho, qualcosa so fare, ma ho avuto anche fortuna».
A Mtv ha conosciuto la sua futura moglie e Mandelli, con il quale siete diventati I Soliti Idioti: in effetti il caso l’ha aiutata parecchio.
«I miei due grandi amori, è stato per entrambi un colpo di fulmine».
Con Francesco come è andata?
«Abbiamo capito subito che avevamo la voglia di raccontare il mondo nello stesso modo, quando scrivevamo insieme respiravamo l’idillio, la prima volta sul set era come se lo facessimo da sempre, abbiamo avuto, da subito, un’intesa incredibile».
E con Valentina?
«Faceva la producer e mi sono innamorato appena l’ho vista. In quel periodo presi la mia prima casa a Milano e senza saperlo ho scoperto che lei abitava a due portoni dal mio. Se non è un caso questo! Lei era molto corteggiata e io nascondevo il mio amore perché non volevo unirmi alla massa. Ma dopo un anno è crollata».
A cavallo del 2010 arrivò il clamoroso successo dei «Soliti Idioti». Lei quanto idiota si sente?
«Molto. In senso positivo. Del resto ce lo siamo detti da soli che siamo idioti. Un po’ di idiozia — nel senso di leggerezza — nella vita ci vuole. Lo diceva anche Battiato: Vivere non è difficile potendo poi rinascere. Cambierei molte cose, un po’ di leggerezza e di stupidità. Io e Francesco trattiamo con grande empatia e affetto le maschere che abbiamo portato in scena. Raccontiamo, esagerandolo, anche quello che in fondo siamo tutti noi».
Vi siete mai sentiti volgari?
«Noi no, ma ci hanno fatto sentire volgari per il personaggio che ha avuto più successo nei nostri film: è vero che Ruggero dice parolacce in continuazione, ma gli altri nostri personaggi non sono scurrili. Lui però andava raccontato così, incarna la tipologia di certi anziani che sono più dissacranti dei giovani. Andava dipinto così. Non poteva dire che cavolo».
Con Valentina vi siete lasciati dopo il primo film.
«Per me era un periodo di grande scombussolamento, ero fragile, non perché volessi fare chissà che, ma quel successo mi aveva smosso delle cose dentro, non capivo più chi ero. Provavo una grande sofferenza, un grande dolore e pensavo: a me il successo non dà felicità. Ho fatto anche un disegno per ricordarmi un momento particolare: stavo camminando per strada, triste, quando vedo passare un autobus con la mia faccia enorme. La guardavo e mi dicevo: non me ne frega niente, voglio altro. Lì ho capito quali valori contano nella vita. Il lavoro, il successo, il denaro — che per carità serve — sono importanti, ma la felicità viene solo dai rapporti umani. Oggi mi interessano solo quelle 7 o 8 persone che mi rendono felice».
Vi sposerete quest’estate.
«Sono 23 anni di fatto che stiamo insieme, il giorno dei suoi 50 anni visto che non sapevo cosa regalarle ho pensato che ci volesse una cosa grossa. Così ho spacciato il matrimonio per un regalo. E devo dire che ha funzionato alla grande».
Dopo aver litigato con sua moglie ha litigato anche con Francesco. Quale è stata la madre di tutte le liti?
«La Solita Commedia andò malissimo anche se per noi è il film più bello che abbiamo fatto. In quel periodo litigavamo per qualsiasi cosa, lo chiamai e ci vedemmo a un baretto. Gli vomitai addosso tutto, come in una storia d’amore. Non ci siamo più visti per 7 anni».
C’era una cosa in particolare che gli rimproverava?
«In realtà sono io che oggi rimprovero a me come ho gestito il rapporto con lui. Io ero remissivo e lui si prendeva lo spazio che gli lasciavo, non mi sentivo rispettato: le incomprensioni piccole diventano enormi se non parli. Oggi parliamo di tutto».
Chi ha fatto il primo passo?
«In realtà lui continuava a cercarmi, io ero molto più rigido. Per me era tutto chiuso, mi aveva fatto soffrire e non volevo più vederlo. Un giorno ci ha cercato uno sponsor per uno spot ed entrambi abbiamo detto sì. Significava che eravamo pronti. Ci siamo visti con un po’ di imbarazzo, ci siamo chiesti scusa, ci siamo abbracciati, ci siamo fatti un gran pianto e ci siamo detti tutto».
Siete stati due volte a Sanremo.
«Morandi ci chiamò nel 2012. Portammo sul palco un matrimonio omosessuale con Gianni che officiava, l’Arcigay ci contestò per la macchietta dei gay, ma noi prendevamo in giro un tic, non i gay in quanto tali».
Poi siete tornati, in gara come cantanti, nel 2015 con Carlo Conti: un’esibizione abbastanza agghiacciante a rivederla oggi.
«Sì, in effetti non è stata una bella esibizione, eravamo intimoriti, dovevamo essere meno impostati. Il vanto è il testo del brano, per il resto meglio lasciar perdere: mi sono esercitato tre mesi per quella canzone e l’ho pure stonata».
Per un periodo il suo telefono ha smesso di squillare, è sparito dai radar: come si è sentito?
«Avevo detto tanti no e piano piano vieni dimenticato e smettono di chiamarti».
Perché diceva no?
«Avevo sofferto troppo, per carattere facevo fatica a stare in questo mondo così impegnativo, avevo la mia nicchia di Stracult su Rai2 e stavo bene. Ero felice, senza stress. Quando poi ho iniziato a non lavorare più un lato di me godeva a non fare un cazzo dalla mattina la sera… Mia moglie (la chiama già così) mi è stata vicina in maniera incredibile: le sarò grato per sempre, non mi ha mai fatto pesare niente».
Poi è arrivato Fiorello.
«Non mi telefonava nessuno, ero finito nel dimenticatoio, lo spauracchio di tutti gli artisti. Rosario mi ha capito subito, a lui non interessava se era da un po’ che ero sparito. Mi diceva: devi capire che sei bravo — mi viene da commuovermi a pensarci, davvero —, ha creduto in me. L’unica cosa che serve in questo mestiere è trovare qualcuno che crede in te».
«Viva Rai2!» è finito. Ora che progetti ha? Sa glielo chiedo così magari capiamo anche cosa fa Fiorello…
Ride. «Lui naviga a vista, davvero aspetta la prossima idea. Io ho progetti e proposte, ma mi sento come quando ho finito il liceo: e mo che faccio?».
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www.corriere.it
2024-06-09 07:53:34 ,