Paolo Calissano, tutta la verità dietro alla sua morte

La causa della morte dell’attore Paolo Calissano sembrerebbe sia legata a un lungo processo di spoliazione da parte del suo amministratore di sostegno, l’avvocato Matteo Minna. Il pubblico ministero di Genova, Francesco Paolo Cardona, ha concluso l’indagine che documenta circa dieci anni di prelievi e bonifici effettuati da Minna.

Il fratello Roberto Calissano afferma al Corriere della Sera: “Bugie anche sulla clinica che lo curò”. Infatti Paolo, in quel momento fragile e incapace di autogestirsi, era costretto a credere a versioni inverosimili fino alla fine. La realtà era che i suoi soldi erano finiti, anche per le terapie di cui necessitava.

Dopo essere stato seguito a lungo da una grande clinica svizzera, Paolo Calissano fu costretto a rivolgersi a una clinica psichiatrica pubblica sconosciuta, poiché gli dissero che la struttura svizzera gli aveva prosciugato i conti. Questa era solo una delle molte bugie dell’avvocato Minna a cui avrebbe dovuto piegarsi.

La ricostruzione dei fatti

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Accanto al reato di peculato, emerge anche quello di circonvenzione di incapace nei confronti dell’attore, che, trovandosi in condizioni di fragilità e dipendenza da psicofarmaci, era indotto da Minna a compiere atti giuridicamente dannosi per lui. Tra questi atti vi erano la sottoscrizione di versamenti a favore di una società dello stesso amministratore di sostegno, l’Autopark, e l’acquisizione di parte delle sue quote.

Ci si chiede perché nessuno abbia sollevato dubbi in precedenza. Come hanno fatto i suoi cari a non accorgersi della manipolazione di cui era vittima? La realtà è che la ricostruzione dei dettagli della vicenda è stata un compito arduo e ha richiesto molto più tempo del previsto, ma una conclusione sembra vicina.

Ora Minna, supportato dagli avvocati Enrico Scopesi e Maurizio Mascia, ha venti giorni a disposizione per presentarsi davanti al pubblico ministero o per depositare una memoria difensiva.

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