«Ti chiamiamo per dirti che Michelle e io siamo orgogliosi di sostenerti e faremo il possibile per farti vincere le elezioni e arrivare allo Studio Ovale», dice al telefono Barack Obama. «Non posso fare questa telefonata senza dire alla mia ragazza Kamala: sono orgogliosa di te. Tutto questo sarà storico», aggiunge Michelle Obama. Sorridendo mentre fissa il cellulare, Kamala Harris risponde esprimendo tutta la sua gratitudine: «Grazie a entrambi. Significa così tanto per me. Ci divertiremo anche un po’» nei prossimi mesi». Il video che riprende la telefonata tra gli Obama e Harris è stato diffuso ieri online.
È stato un passaggio simbolico di testimone quello fatto da Obama, 62 anni, primo presidente afroamericano, uno dei più giovani mai eletti alla Casa Bianca, ad Harris, 59 anni, che è già una figura storica a pieno titolo come vicepresidente – la prima donna a ricoprire questa carica – e che ora si candida per diventare la prima donna, di origini asiatiche e afroamericane, alla guida degli Usa.
Harris ha già ottenuto il sostegno pubblico della maggioranza dei delegati alla Convention democratica che inizierà il 19 agosto a Chicago. Il Comitato nazionale democratico prevede entro il 7 agosto un voto di nomina virtuale per Harris e il suo vice, una sorta di investitura ancor prima della Convention.
L’annuncio della candidatura di Harris ha dato nuova linfa alla base democratica: in pochi giorni sono stati raccolti, in gran parte da piccole donazioni, oltre 120 milioni di dollari per finanziare la campagna. Una vera e propria corsa, poco più di cento giorni, per tentare di battere Donald Trump, che ha un team già coeso e un programma ben definito di governo. Harris ha anche guadagnato terreno nei sondaggi: nella media di tutti i rilevamenti pubblicati questa settimana, riportati dal sito FiveThyrtyEight, i democratici sono balzati appena sopra i repubblicani nelle intenzioni di voto degli americani: 45% per Harris, contro il 44,8 con Trump.
Da Procuratore capo di San Francisco Harris, nel 2008, era stata la prima alta funzionaria pubblica americana a sostenere la nomination del giovane e sconosciuto senatore di Chicago, Obama. I due sono amici da allora. Tuttavia, nelle ore successive alla rinuncia di Biden, Obama era stato molto prudente. Anche nel 2020 aveva atteso la Convention per svelare il sostegno all’uomo che era stato suo vice per due mandati. Domenica, nelle ore successive all’annuncio del passo indietro di Biden, aveva rilasciato una dichiarazione che non menzionava Harri. Ma parlava di trovare un candidato per il dopo Biden: «Ho una fiducia straordinaria che i leader del nostro partito saranno in grado di creare un processo da cui emergerà un candidato eccezionale», ha scritto. Il tempo è davvero poco. E probabilmente gli Obama, le figure dem più popolari negli Usa, non hanno voluto attendere il 19 agosto.