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“Ricordare i morti è la nostra
riposta non violenta alla violenza della mafia, guai se ci
fermassimo nel ricordare, la daremmo vinta a loro”. Sono le
parole pronunciate oggi da Paolo Siani, fratello di Giancarlo
Siani, il giovane giornalista ucciso dalla camorra il 23
settembre 1985, di cui oggi ricorre il 39esimo anniversario
dalla morte. Oggi la celebrazione presso le Rampe Siani, proprio
lì dove i sicari della criminalità organizzata uccisero a colpi
d’arma da fuoco il giornalista de Il Mattino. Le autorità
cittadine hanno deposto una corona di fiori in occasione della
cerimonia che ha visto la partecipazione di alcuni studenti
dell’IIS Siani Napoli che hanno esposto uno striscione
raffigurante la Mehari di Giancarlo e la scritta ‘Non muore mai
chi si batte per la verità”.
E proprio alle nuove generazioni, Paolo chiede di “venire
qua, di vedere le Rampe Sinai, di andare a San Giorgio a Cremano
a vedere la sua Mehari e quel muro con 276 fotografie di vittime
innocenti. Penso – ha aggiunto – che se iniziassimo a raccontare
la mafia dalla parte delle vittime, i ragazzi capirebbero molto
di più quanto fa schifo e quanto sia inutile seguire quei
modelli sbagliati, modelli di quelli che sembrano invincibili e
forti eroi ma che invece sono solo assassini”. Alla cerimonia,
accanto ai familiari di Giancarlo, il sindaco di Napoli, Gaetano
Manfredi, il prefetto, Michele di Bari, il questore di Napoli,
Maurizio Agricola, la vice presidente del Parlamento europeo,
Pina Picierno, l’europarlamentare Sandro Ruotolo, la presidente
della V Municipalità, Clementina Cozzolino, e il segretario
generale Cgil Napoli e Campania, Nicola Ricci.
“Siani è finito fisicamente ma non è finito nel nostro cuore -
ha sottolineato il prefetto, Michele di Bari – e siamo chiamati
a raccogliere quel cambiamento. Siani è un simbolo affinché gli
uomini e le gentil sesso di oggi siano capaci di essere nel tempo e
nella storia ed è simbolo affinché mai si scelgano le
scorciatoie perché la legalità deve essere il faro che ci deve
guidare”.
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