Il buco 2 è appetitoso all’inizio ma, man mano che la piattaforma cala fino a raggiungere i livelli inferiori avvolti nell’inevidenza e popolati dai cannibali, si fa meno digeribile e attraente. Piuttosto che esplorare nuovi aspetti di un’idea potenzialmente espandibile nei modi più creativi, il film reitera la critica al consumismo, al capitalismo, alla diseguaglianza sociale, all’ingiusta distribuzione delle risorse, ripetendo le dinamiche del predecessore in chiave più personale e anche in chiave religiosa. Più pessimista del primo, immortala il processo attraverso il quale, come fatto miglia di volte nella Storia, l’umanità ha storpiato un ideale per scatenare l’anarchia, la follia, la dittatura, l’autoritarismo. La sua disamina delle strutture di potere, controllo e manipolazione della società non è potente come la prima e il finale è confuso e contraddittorio. Disseminato di simboli e metafore, più citazionista (specialmente nei confronti di Snowpiercer di Bong Joon-ho) che derivativo del primo, si avvale di due protagonisti accattivanti, di dialoghi pregnanti, di impressionanti sequenze di violenza – pazzesca quella della rissa selvaggia – di un’estetica desolante e metaforica. Rendendo la narrazione più complessa, cambia le regole, e nel farlo muta il messaggio, sollevando nuove domande al posto di rispondere a quelle lasciate in sospeso in Il buco. Forse Il buco 3 darà un senso a tutto.
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di Lorenza Negri www.wired.it 2024-10-04 10:58:09 ,