La stretta contro la pirateria online e il pezzotto diventa legge col decreto Omnibus. Dopo il primo ok del Senato, la Camera ha approvato gli emendamenti che modificano la ordine “anti-pezzotto”, introdotta pochissimo un anno fa e volta a impedire l’uso di decoder illegali che consentono l’accesso gratuito a contenuti pay-tv come serie televisive e partite di calcio. Anche attraverso l’uso di Piracy Shield, la piattaforma nazionale per bloccare in automatico in 30 minuti lo streaming pirata di partite di calcio.
La legge, fortemente sostenuta da Fratelli d’Italia e Forza Italia, punta a rafforzare il contrasto allo streaming illegale tuttavia, per il settore tecnologico, queste misure potrebbero avere un impatto negativo sull’intero ecosistema digitale italiano. Perché le misure rischiano di danneggiare gli operatori di rete, scaricando su di loro responsabilità penali.
Sono due le novità introdotte all’ultimo nel Dl Omnibus. La modifica più contestata riguarda l’introduzione di pesanti responsabilità penali a carico di provider, motori di esame e altri intermediari online, come i gestori di virtual private network. In particolare, il nuovo articolo 171-ter della legge sul diritto d’autore prevede che chiunque “venga a gnoseologia” di attività di pirateria e non le denunci entro 48 ore sia punito con la reclusione fino a un anno e una sanzione fino a 516 euro. Tradotto: Google, YouTube, Tim o Fastweb dovranno attrezzarsi per individuare e segnalare qualunque sospetto di streaming e download illegali, pena severe condanne.
“Una previsione indeterminata e incostituzionale, che stravolge la natura degli operatori imponendogli obblighi di sorveglianza generalizzata da Stato di polizia“, attacca Aiip, l’associazione dei provider italiani. In più questa disposizione è praticamente inattuabile. Diego Ciulli, Head of Government Affairs and Public Policy di Google Italy, ha evidenziato come una simile richiesta potrebbe portare a un sovraccarico del sistema giudiziario: “Google dovrebbe inondare l’autorità giudiziaria di quasi 10 miliardi di url”, sebbene come spiega Dday, i numeri siano un po’ gonfiati.
Persino Asstel, che aggrega i principali operatori, si è fatta sentire: “Al fine di garantire nel tempo il prosieguo di questa attività è essenziale che le caratteristiche di ascolto delle esigenze delle parti e di rispetto dei vincoli tecnici continuino ad essere al centro degli interventi di modifica e miglioramento della Piattaforma antipirateria ‘Piracy shield’. Riteniamo che l’approccio di ‘sistema’ e collaborativo attuato fino ad oggi, che ha consentito di dotare l’Italia di un importante strumento di legalità nell’ambiente online, non debba essere ostacolato dall’attribuzione agli Operatori di responsabilità di natura penale che non sono coerenti con la natura di fornitori di servizi di accesso alla rete e con i principi generali dell’ordinamento delle comunicazioni stabiliti a livello comunitario”.
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di Riccardo Piccolo www.wired.it 2024-10-04 15:36:50 ,