La terapia verde è un toccasana per la salute mentale. Ma non solo: il contatto con la natura, animali inclusi, è benefico anche per la salute del corpo, in particolare per quella del nostro intestino. L’ideale sarebbe qualche breve incursione in campagna, migliore se da bambini, quando tutto il nostro organismo è più plastico e in via di formazione. A suggerirlo, documentando gli effetti che la campagna ha sul microbioma intestinale, è il lavoro di un team di ricercatori che ha osservato da vicino gli effetti di una vacanza bucolica sull’intestino di un piccolo gruppo di bambini.
Vita in città, microbioma intestinale più povero
Ne abbiamo parlato a Wired con Marco Candela, coordinatore della inchiesta e professore del dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Alma Mater Università di Bologna, che ci spiega come lo studio sui bambini parta in realtà da lontano. “Ci occupiamo delle relazioni tra microbioma e salute da circa quindici anni, concentrandoci da sempre sugli aspetti coevolutivi, ovvero cercando di capire in che modo è cambiato il nostro rapporto con i microrganismi nel corso dell’evoluzione”. Qualche anno fa Candela e colleghi osservano come il microbioma di popolazioni prettamente urbane fosse molto diverso da quello di alcune comunità di cacciatori-raccoglitori africani. “In particolare quello di chi abita in centri urbani è più povero, perde quelli che abbiamo chiamato microrganismi old friends – riprende il ricercatore – ma non solo: una minore diversità microbica, legata alle società contemporanee, è associata a rischi maggiori di obesità, malattie infiammatorie intestinali, sindrome dell’intestino irritabile, allergie. L’ipotesi è che il microbioma possa contribuire a tutto questo in virtù delle sue funzioni di regolatore del sistema immunitario e metabolico. Se si perdono microrganismi con i processi di modernizzazione, potrebbe venir meno anche la sua funzione di regolazione”.
C’è un modo per tornare indietro e sperare così di ri-arricchire il microbioma intestinale? Sì, in realtà più di uno. I filoni principali che mirano a farlo, ci spiega il ricercatore, utilizzano da una parte gli interventi dietetici, con il recupero del consumo di alimenti fermentati ricchi di diversi microrganismi, il consumo di fibre e la riduzione dei cibi ultraprocessati. Dall’altra la strategia è del tutto diversa: aumentare l’interazione con gli ambienti rurali, e uno dei momenti migliori per farlo è durante l’infanzia: “E’ quando siamo bambini che il nostro sistema immunitario impara a reagire agli stimoli, un processo cui partecipano anche i microrganismi”. Di qui l’idea di capire se e quanto fosse possibile arricchire l’intestino con batteri buoni passando del tempo in campagna.
Bimbi in fattoria didattica, a contatto con i cavalli
Per capirlo i ricercatori hanno osservato l’evoluzione del microbioma di 10 bimbi cittadini (dell’area bolognese) dopo un soggiorno in campagna, in particolare passando molto tempo a contatto con dei cavalli (sotto la supervisione di un operatore e senza stressare gli animali), per 15 giorni, concentrando le analisi su diversità microbica, presenza di eventuali microrganismi benefici e misurando la produzione di metaboliti che possono avere un impatto sulla regolazione della funzione immunitaria. Parallelamente anche il microbioma dei cavalli veniva analizzato (con campionamenti in feci, bocca e pelle), allo scopo di capire le relazioni di scambio tra animali e bambini e studiare se l’esposizione dei bimbi potesse in qualche modo essere rischiosa per la loro salute. I risultati nel complesso sono stati piuttosto positivi, hanno spiegato gli autori.
I benefici per il microbioma intestinale
In particolare dopo l’esperienza nella fattoria didattica si osserva un aumento di Faecalibacterium, come F. prausnitzii, F. duncaniae e di batteri Christensenellales, così come di Eggerthella lenta, Gordonibacter pamelae and Gordonibacter urolithifaciens. Questi microrganismi, si legge nel dettaglio dalle pagine della rivista One Health, in modi diversi svolgono delle azioni considerate benefiche: degradano la fibra, producono sostanze anti-infiammatorie o con proprietà anti-cancro. Tra le sostanze con capacità anti-infiammatorie prodotte dai microrganismi e che i ricercatori hanno osservato aumentare in seguito all’esposizione all’ambiente rurale c’è il butirrato. E nel complesso si osserva anche una maggiore diversità microbica, con alcuni organismi probabilmente provenienti direttamente dai cavalli, altri dall’ambiente, spiegano gli autori.
Ma incoraggiante, oltre a questo fenomeno che gli esperti definiscono di rewilding, è stata anche dall’analisi del microbioma dei cavalli, ci spiega Candela: “Non ci sono state trasmissioni di patogeni. L’interazione potrebbe infatti portare dei rischi, ma al tempo stesso oggi sappiamo che è possibile rendere sicura questa relazione, tramite azioni di monitoraggio per capire se l’animale è in salute”.
I risultati confermano la sensazione comune che stare all’aria aperta, in contatto con la natura faccia bene, con uno sguardo però più scientifico, puntualizza il ricercatore. “La biofilia ha ricadute positive, ma abbiamo bisogno di misurare scientificamente questi benefici per arrivare a prescrivere, se vogliamo, un contatto con la natura in maniera sistematica. Proseguiremo per questo i nostri studi analizzando più casi e diversi tipi di interazioni”. L’idea di prescrizioni di natura non è nuova, è un tema sempre più discusso negli ultimi anni. Da un lato potrà sembrare straniante dover prescrivere il contatto della natura, dall’altro però il messaggio è che incentivare una presenza in ambienti rurali può davvero avere delle ricadute sul nostro benessere. Non è forse un caso, aggiunge in chiusura Candela, che le uniche popolazioni centenarie di cui si abbia testimonianza finora sono quelle di persone vissute in epoche dove il contatto con gli ambienti rurali durante l’infanzia era mediamente forte.