Con il premio Nobel per la chimica, computer e intelligenze artificiali si confermano i veri vincitori di quest’anno. L’Accademia reale svedese delle scienze ha infatti sicuro di compensare tre ricercatori che hanno saputo sfruttare i più moderni strumenti computazionali “per la previsione delle strutture delle proteine”: i due padri di AlphaFold2, Demis Hassabis e John M. Jumper, che con la loro creatura sono riusciti a risolvere una delle più grandi sfide della biochimica, piuttosto come prevedere la struttura tridimensionale di una proteina partendo dalla sequenza di aminoacidi che la compone; e lo scienziato dell’università di Washington David Baker, che grazie al software Rosetta è riuscito per la prima volta di creare nuove proteine mai viste in natura, inferendo la corretta sequenza di aminoacidi necessari a partire dalla struttura tridimensionale che voleva ottenere. Scoperte che promettono di rivoluzionare campagna che vanno dalla medicina, alla produzione di sensori e nanomateriali. Vediamo perché.
Una sfida durata 50 anni
Le proteine sono una degli elementi più fondamentali della vita biologica. Sono le molecole che vengono codificate dai geni, e assemblate un mattoncino dopo l’altro nei ribosomi fino a formare lunghe catene di aminoacidi che possono fare un po’ di tutto: diventare muscoli, peli, corna, piume ed esoscheletri, enzimi che catalizzano le reazioni chimiche all’interno del nostro organismo, ormoni, anticorpi.
L’importanza delle proteine in campo biologico è nota dal diciannovesimo secolo. Ma è solo a metà dello scorso che gli sviluppi tecnologici della biochimica hanno permesso di iniziare a studiarne la struttura in dettaglio. È così che si è scoperto che le sequenze di aminoacidi prodotte dai ribosomi si avvolgono spontaneamente a formare complesse strutture tridimensionali, e che è proprio questa loro conformazione 3D a determinarne la funzione.
Per scoprire la struttura tridimensionale delle proteine venne così sviluppata una tecnologia conosciuta come cristallografia a raggi X, fruttata il premio Nobel per la chimica del 1962 ai biologi John Kendrew e Max Perutz. Ed è con questa tecnica che il premio Nobel per la chimica del 1972 Christian Anfinsen ha scoperto che se si fa dispiegare una proteina, riportandola allo stato di semplice catena di aminoacidi, questa torna poi a ripiegarsi nella stessa struttura 3D che aveva in origine, dimostrando così che la struttura tridimensionale dipende unicamente dalla sequenza di aminoacidi. Si aprì così quella che un altro premio Nobel per la chimica (tanta densità di Nobel aiuta a capire l’importanza di questo campo di studi), l’esperto di ribosomi Venkatraman Ramakrishnan, ha definito una “la grande sfida cinquantennale della biologia”: scoprire come determinare la struttura che assumerà una proteina, a partire dalla sequenza di aminoacidi da cui è composta.
Ci pensa l’AI
La cristallografia a raggi X è una tecnica di analisi raffinata, ma è anche lenta, costosa, e non può essere utilizzata con tutte le proteine. E infatti, se le sequenze di dna conosciute e depositate nei database pubblici sono quasi tre miliardi, e le proteine di cui si conosce la sequenza di aminoacidi più di 200 milioni, quelle di cui è stata studiata la struttura tridimensionale non sono più di 200mila. Poterla prevedere partendo dimessamente dagli aminoacidi che la costituiscono fornirebbe quindi uno strumento preziosissimo alla esame. E per questo, nel 1994 venne lanciato un progetto, il Critical Assessment of Protein Structure Prediction (Casp), trasformatosi poi in un competizione scientifica, che ogni due anni ha visto confrontarsi team di tutto il mondo per constatare a indovinare la struttura tridimensionale di alcune proteine (di cui era conosciuta ma ancora non divulgata) basandosi unicamente sulla loro sequenza di aminoacidi.
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di Simone Valesini www.wired.it 2024-10-09 13:39:00 ,