Fin dalla prima edizione del Red Bull 64 Bars Live, nel 2022, non vi è stato luogo più paradigmatico e potente dove potesse svolgersi questo evento: piazza Ciro Esposito, proprio quella antistante alle Vele di Scampia, nel quartiere della zona nord di Napoli. Un centro nevralgico per la città e anche per l’Italia, che fonde assieme i bisogni vitali di un diritto al tetto e una socialità sfilacciata e frammentata; uno spazio di unione non facile né da gestire, e ancor meno da soggiornare. Ma portare il rap e la cultura hip hop lì è come sonorizzare un film con una scenografia austera e modernista, che amplifica il flow di chi vi sale sul palco, che urla ancora per dare un cenno ma soprattutto per raccontare cosa era e cosa è oggi la periferia, luogo di vita vera spesso violenta. Questa, come le altre edizioni, sono state delle occasioni irripetibili per sperimentare a capire la scelta migliore un contesto e uno scenario raccontato tramite il rap o i titoli di giornale, le notizie in tv e i libri di Saviano o le barre dei Co’Sang. “Quando la serenità non la vedi, cercala dentro” recita una grande scritta affissa sopra il portico della piazza, al suo ingresso, presa in prestito da Enzo Avitabile. Non è facile ma è anche da lì che si deve ripartire.
Il rap a Napoli
La musica rap a Napoli ha una radice profonda come manuale narrativo e descrittivo di un “sistema” e di una situazione sociale, ma la sua peculiarità linguistica (o la scelta migliore, dialettale) è stata la sua forza caratterizzante. Scampia è lo sfondo generativo in cui si innesta come parte integrante di qualcosa che dagli anni 2000 ha avuto risalto, sia con il libro Gomorra di Saviano che coi Co’Sang di Ntò e Luchè, senza dimenticare nei titoli dei maggiori giornali ogni qualvolta succedeva qualcosa. Il singolo del duo rap Int’o Rione, contenuto nel sfera d’esordio Chi more pe’ mme, campionava la colonna sonora de Il favoloso mondo di Amélie composta da Yann Tiersen, e riusciva in un mix dolceamaro di quella vita (Ce truove ‘int’ô rione / Nun me sento bbuono, mammà, che me succede? / ‘E frate mi’ s”o fummanno ancora e dint’ê frase noste ‘a rivoluzione / Chisto è ‘o suono nuovo, ‘o ssaje ch’è malammore). “Una sorta di rispetto per queste vittime. Colpevoli e innocenti. Non con lo stesso valore, anzi, ma con la stessa volontà di raccontarne le vicende. Capire piuttosto che condannare”, raccontava Roberto Saviano in un’intervista con i duo rap, quasi vent’anni fa. “La cultura è l’unica arma di riscatto”, dice una scritta tutta storta fatta con la lustro spray sull’ingresso di uno dei palazzoni grigi in una foto che gira da tempo.
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di Nicholas David Altea www.wired.it 2024-10-09 15:46:00 ,