Negli ultimi mesi i chatbot come ChatGpt e Gemini sono diventati pressoché indispensabili per tutti noi, indipendentemente dall’età. Lo dimostra una curiosa storia in arriva dal Massachusetts, dove una coppia di genitori ha citato in giudizio la scuola del figlio una volta che questo è stato punito per aver utilizzato l’AI generativa per portare a termine un compito di storia, a cui ha ricevuto la votazione di 65 su 100. Un comportamento eccessivo da parte della scuola, stando a quanto sostengono Dale e Jennifer Harris, che affermano chiaramente che non esiste alcun regolamento che vieta in maniera esplicita l’uso dell’AI per i compiti.
Inoltre, come se non bastasse, i due genitori hanno accusato la scuola di aver compromesso le possibilità del figlio di entrare alla Stanford University e in altre scuole d’élite. “Gli imputati hanno continuato a seguire un percorso pervasivo, distruttivo e spietato di minacce, intimidazioni e coercizioni per assestare e far deragliare il futuro di [nostro figlio] e il suo curriculum esemplare”, hanno dichiarato i coniugi Harris nella denuncia presentata in tribunale. In tutta risposta, la Hingham Public Schools sostiene che il suo manuale per studenti proibisce l’uso di “tecnologia non autorizzata” e “l’uso non autorizzato o l’imitazione del linguaggio e dei pensieri di un altro autore e la rappresentazione di questi come opera propria”.
Ora, la questione non è ancora risolta, ma mette ben in evidenza una questione alquanto problematica: come disciplinare l’uso dell’AI generativa nelle scuole. Allo stato attuale, vietare l’uso dei chatbot agli studenti potrebbe sembrare eccessivo, ma allo stesso tempo parrebbe essere la sola soluzione utile per astenersi da che gli adolescenti finiscano con il non impegnarsi più nei compiti a casa. In ogni caso, la causa della famiglia Harris ha portato a una conclusione chiara e inequivocabile: “L’AI generativa è una tecnologia emergente, ed è qui per restare”.
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di Chiara Crescenzi www.wired.it 2024-10-16 13:53:00 ,