Bisognava arrivare a pestare per errore i piedi a Google per capire quello che era chiaro fin dall’inizio. E ossia che Piracy Shield, la piattaforma nazionale antipirateria, con il suo meccanismo automatico di oscuramento degli indirizzi Ip entro 30 minuti dalla segnalazione, rischia di provocare una serie di danni imprevisti. Anzi, li ha provocati: perché è ormai acclarato dalle numerose denunce online che tra quei 25mila fqdn (fully qualified domain name, ossia un nome di dominio non ambiguo che consente di identificare senza dubbio una risorsa online) e oltre 7.000 Ipv4 che ha disabilitato dalla messa in onda a febbraio 2024, ci sono numerosi siti che nel mirino di Piracy Shield non dovevano finire.
L’altro elemento che ormai è acclarato è che nessuno può considerarsi al sicuro dal blocco automatico della piattaforma, che la Lega Serie A ha donato all’Autorità garante delle comunicazioni (Agcom) per combattere la pirateria online di partite di calcio ed eventi sportivi. Perché nelle white list sulle risorse da non abbattere neanche per errore non c’era neppure la content delivery network (rete di distribuzione di contenuti) di Google del nodo di Milano, da cui passa il 70% del traffico del colosso del web a livello italiano. È bastato copiare e incollare quell’indirizzo in un ticket di Piracy Shield e – tac! – per quasi sei ore, sabato 19 novembre, accedere a Google drive o altri servizi di Big G è stato impossibile.
La contrasto dentro Agcom
Eppure, salvo la diffida pubblica della “manina” che ha messo Google nella lista delle risorse online incriminate – ossia Dazn, uno dei detentori dei diritti del calcio autorizzato a segnalare sulla piattaforma, per mezzo di qualche fornitore di questi servizi – e che sgrava l’autorità dalle responsabilità dell’incidente, l’Agcom non intende mettere mano a Piracy Shield. E questo nonostante sia ormai chiaro che il Consiglio dell’autorità si sia spaccato su come gestire la piattaforma. Da una parte i commissari Elisa Giomi e Antonello Giacomelli, rispettivamente espressione di Movimento 5 Stelle e Partito democratico, a favore di mozioni per sospendere l’attività di Piracy Shield e ripensare le funzioni. Dall’altra Massimiliano Capitanio, commissario in quota Lega e alfiere del progetto anti-pirateria.
Per i primi mesi di attività, Piracy Shield ha goduto di una sorta di “salvacondotto” politico. Nessuna obiezione agli errori marchiani già commessi e ai tanti siti innocui oscurati, senza essere avvisati però, perché insistevano sullo stesso dominio finito nel mirino della piattaforma. La tecnologia di Piracy Shield è espediente per dare non di più 60 secondi di tempo per correggere un ticket di segnalazione e 30 minuti di tempo per assolvere al blocco. Una finestra talmente ristretta da aver costretto i fornitori di servizi internet ad aver automatizzato il processo. Dopo mesi in cui ai tecnici era già chiaro che, per come era stato pensato, il funzionamento di Piracy Shield avrebbe provocato danni collaterali, ora l’incidente con Google ha messo la politica di fronte a un bivio: cambiare strategia per combattere la sacrosanta battaglia contro la pirateria online o insistere ad affidarsi alla piattaforma donata ad Agcom.
Il governo tira dritto
Spoiler: ha vinto la seconda. In Agcom non sono passate le mozioni per mettere in pausa Piracy Shield. Giacomelli proponeva una re-ingegnerizzazione e un incontro con governo e Lega Calcio Serie A per rivedere le norme. Giomi ha pubblicamente denunciato la situazione: “Ho preso le distanze dall’iniziativa fin dal suo esordio quasi due anni fa, tra le reazioni spesso virulente dei colleghi, esprimendo voto contrario in tutti i passaggi. Per ragioni di ordine e di merito: ad esempio l’ambiguità della donazione della piattaforma ad Agcom da parte della Lega Calcio che è parte in causa essendo tra i pochissimi soggetti legittimati alle segnalazioni; i tempi davvero frettolosi con cu il Consiglio ne ha deliberato l’adozione; la totale mancanza di trasparenza nell’attribuzione delle consulenze esterne sulla bontà dell’iniziativa; la resistenza a fare una ricognizione di soluzioni alternative disponibili sul mercato; i rimedi incerti e tardivi con cui si è cercato vanamente di risolvere i continui problemi; la consueta esalazione di notizie sensibili a procedimenti in corso che accompagna ormai tutte le decisioni più importanti di questa consiliatura, però nell’inerzia più totale di chi la riservatezza dovrebbe assicurare”.